Il problema di Donald Trump - e a causa del potere che è concesso ad un presidente degli Stati Uniti, è anche un problema per noi tutti - è che sempre di più ritiene che gli sia concesso di poter fare e dire tutto quello che gli passa per la mente. E purtroppo, nel caso di Trump la mente che si ritrova non è poi così brillantissima.

In fondo, a ben guardare, la differenza tra Donald Trump ed uno come Kim Jong-un è soltanto una, Trump è stato eletto mentre l'altro no. Infatti, come si è potuto vedere fin dai primi giorni del suo mandato presidenziale con la "guerra" nei confronti del poteere giudiziario americano, Trump ha dimostrato di credere che un presidente degli Stati Uniti debba poter agire come un monarca assoluto o un dittatore.

A ciò si deve la tensione portata in questi giorni ai massimi livelli con la Corea del Nord con un battibecco a distanza, basato sulla minaccia di una guerra tra i due paesi. A pensarci bene è una follia, in special modo da parte di un politico che rappresentando una delle potenze militari più forti al mondo, se non la più forte, dovrebbe mostrare prudenza ed equilibrio.


Così, dopo aver ricordarto alla Corea del Nord che tutto è predisposto e pronto, compresi i bombardieri sull'isola di Guam, per lanciare un attacco contro quel paese, Donald Trump più tardi ha pensato bene, forse per svagarsi un po', di minacciare anche il Venezuela. Il Venezuela? Sì, proprio il Venezuela.

Per quale motivo? «The people are suffering and they are dying. We have many options for Venezuela including a possible military option if necessary.»

In pratica, Trump ha dichiarato di voler intervenire militarmente, se necessario, in una crisi politica interna che riguarda un paese sovrano e indipentente, perché i venezuelani stanno soffrendo e morendo. Come in un fumetto di super eroi Trump sarebbe pronto ad indossare pigiamino e mantello - rappresentati dall'esercito Usa - volare in Venezuela in men che non si dica, prendere a sberle Maduro, mettere al suo posto un altro fantoccio simile purché sia ai suoi ordini, e tutto magari nel giro di una settimana. E per tutti gli altri paesi nelle stesse condizioni del Venezuela Trump non dovrebbe fare altrettanto?

Quiindi, ciò che Trump ha detto è catalogabile come una pazzia. E così l'ha definita pure il ministro della Difesa del Venezuela, Vladimir Padrino.

La Casa Bianca ha poi dichiarato che venerdì il presidente venezuelano Nicolas Maduro ha chiesto di parlare al telefono con Trump, ma gli è stato negato perché Trump parlerà con Maduro solo dopo che in Venezuela sarà ripristinata la democrazia.

L'uscita di Trump ha dato modo alle autorità venezuale di ricordare che le loro accuse di una possibile invasione statunitense non erano né propagandistiche e neppure infondate, con la replica del Pentagono che ha dichiarato invece che gli americani sono pronti a proteggere i cittadini e gli interessi americani nell'area, ma che un attacco al Venezuela è privo di qualsiasi fondamento.

E neppure i membri del Congresso hanno preso bene la dichiarazione di Trump, anche gli stessi repubblicani, come il senatore Benjamin Sasse, che rappresenta il Nebraska ed è membro di quella che in Italia chiamiamo Commissione difesa, che ha subito detto di essere assolutamente contrario all'iniziativa.

Sono circa sette mesi che Trump è presidente degli Stati Uniti e, nel frattempo, non è trascorsa una settiamana che non ci fosse motivo di parlare di una sua dichiarazione o di una sua decisione. Mancano ancora tre anni e mezzo alla fine del suo primo mandato. A questo punto è lecito chiedersi se sarà capace o meno di portarlo a termine oppure se saremo noi fortunati nel riuscire ad arrivare vivi a tale scadenza.