Venerdì, il premier britannico Starmer incontrerà alla Casa Bianca il presidente Biden. Anche se l'Ucraina non sarà al centro del faccia a faccia, le esigenze militari di Kiev costituiscono però il principale motivo dell'attenzione dei media internazionali per questo colloquio.
Zelensky, da tempo, chiede la possibilità di usare anche i missili NATO a lungo raggio in territorio russo per colpire i siti militari e strategici all'origine dei bombardamenti che stanno devastando il territorio ucraino.
La richiesta sembra riguardare principalmente due tipi di armi: gli ATACMS americani e gli Storm Shadow fabbricati da Francia e Regno Unito. I primi sono missili che devono essere lanciati da postazioni di terra e hanno una gittata che non dovrebbe superare i 300 Km. Gli Storm Shadow, invece, sono missili aviotrasportati che possono percorrere distanze maggiori ed hanno delle caratteristiche che preoccupano e non poco la Russia.
Se gli ucraini hanno ancora dei caccia Su-24 a disposizione, gli Storm Shadow possono essere fin da subito utilizzati con tali aerei. Inoltre, quei missili hanno capacità stealth e sono difficilmente intercettabili, anche grazie al fatto di poter compiere manovre diversive in vista dell'obiettivo, identificato grazie al supporto satellitare che, ovviamente, non può essere fornito dall'Ucraina. Per ultimo, gli Storm Shadow sono dotati di due cariche esplosive: una per farsi strada all'interno dell'obiettivo, l'altra per distruggerlo, per questo possono essere letali anche per postazioni militari create all'interno di bunker.
In base "all'aria che tira", dopo i tanti no ricevuti, stavolta Zelensky sembrerebbe poter incassare il placet da Washington almeno sull'utilizzo dei missili franco-britannici, che Starmer cercherà di ottenere ufficialmente nell'incontro odierno. Una decisione che, sempre in base alle voci riportate da alcuni media americani, per alcuni ufficiali del Pentagono non potrà in ogni caso consentire a Kiev di ottenere una supremazia militare sulla Russia, cambiando pertanto il corso della guerra.
In compenso, però, con il loro uso ci sono "ottime" possibilità che Putin consideri la NATO come parte belligerante. Lo ha detto chiaramente giovedì, affermando che tale mossa altererebbe la natura e la portata del conflitto.
Putin ha affermato che una mossa del genere trascinerebbe direttamente in guerra i paesi che forniscono a Kiev i missili a lungo raggio, poiché i dati di puntamento satellitari e l'effettiva programmazione delle loro traiettorie di volo non potrebbero che essere programmati se non da personale militare NATO, in quanto Kiev non ne ha le capacità.
"Quindi - ha dichiarato Putin alla TV di stato russa - non si tratta di permettere o meno al regime ucraino di colpire la Russia con queste armi, si tratta di decidere se i paesi della NATO siano o meno direttamente coinvolti in un conflitto militare. Se verrà presa questa decisione, significherà il coinvolgimento diretto dei paesi della NATO, degli Stati Uniti e dei paesi europei nella guerra in Ucraina. Questa sarà la loro partecipazione diretta, e questo, naturalmente, cambierà significativamente l'essenza stessa, la natura stessa del conflitto",
aggiungendo che in tal caso la Russia sarebbe costretta a prendere quelle che il presidente russo ha definito "decisioni appropriate" in base alle nuove minacce.
Putin non ha specificato quali potrebbero essere queste misure, ma in passato ha parlato della possibilità di armare i nemici dell'Occidente con armi russe per colpire obiettivi occidentali all'estero e a giugno ha parlato di schierare missili convenzionali a distanza di attacco dagli Stati Uniti e dai loro alleati europei.
Inutile aggiungere che sia in atto una progressiva escalation del conflitto le cui conseguenze sono facilmente immaginabili, oltre che inevitabili. Ma i leader occidentali non sembrano rendersene conto, a meno che arrivare ad uno scontro diretto con la Russia non sia un loro obiettivo.
La Russia, che ha avviato una controffensiva nel Kursk, ha anticipato il quasi certo via libera che verrà deciso a Washington con una prima ritorsione contro il Regno Unito, annunciando l'espulsione di sei diplomatici dell'ambasciata a Mosca, accusati di attività di spionaggio.