Nell'arco di tempo compreso tra il 476 D.C. e la nascita dell'Età moderna nel 1492 ( ma sono solo date convenzionali e meramente indicative), è dato registrare sia elementi di continuità sia elementi di frattura, che si intrecciano tanto strettamente da rendere difficile una loro netta individuazione. E' un dato di fatto che l'Imperatore Costantino nel 313 D.C. scese a patti con il Cristianesimo, proclamandolo religio licita. Era la presa d'atto di una situazione che vedeva ormai trionfare il Cristianesimo sulle altre forme religiose dell'Impero, come il culto di Cibele e la religione mitraica, nonché sulla prisca religione romana. La cristianizzazione aveva preso piede soprattutto nelle grandi metropoli, come Roma, Antiochia ed Alessandria d'Egitto, popolate dalle grandi masse volubili ed incostanti.
Nonostante gli sforzi del clero, ancora in età tarda persistevano popolazioni dedite a riti "pagani", e nella stessa Roma, ancora nel 496 D.C., si poteva assistere all'antichissimo rituale dei Lupercalia. Nei secoli V e VI d.C, troviamo in attività membri dell'aristocrazia senatoria rimasti fedeli agli antichi Dei, come Quinto Aurelio Simmaco e Vettio Agorio Pretestato. Ma come giudicare complessivamente la cristianizzazione di Roma ? E' frattura o continuità ? Probabilmente ambedue. E' frattura, perché si afferma una religione esclusivista e intollerante nei confronti delle altre, e, più in generale, delle diverse manifestazioni di pensiero; ed è continuità perché il Papa è un teocrate, né più né meno dell'Imperatore romano, ad un tempo capo politico-militare e Pontifex Maximus. Già nel II secolo D.C., Antonino Pio poteva affermare: "Io sono il padrone del mondo". E nel III sec. D. C. si situa la figura di Aureliano, che introdusse in Roma il culto del Sol Invictus, caro all'esercito, per rafforzare l'assolutismo imperiale. Indubbiamente una mentalità come quella di Sant'Agostino, che nel De civitate dei divide con una buona dose di manicheismo l'umanità in due parti, una buona (la comunità dei fedeli in Cristo), ed una cattiva (tutti gli altri), non sarebbe stata condivisa da un Romano di età classica; ma anche qui bisogna ricordare che la Roma pagana si è sempre sentita investita della missione di civilizzare il mondo e pacificare la barbarie.
E se i Papi hanno sempre cercato di distruggere le vestigia antiche, è noto che fu grazie al lavoro degli amanuensi che noi possiamo leggere i capolavori della letteratura latina. Roma contro Roma? Cenni di continuità si colgono altresì nella struttura politico-sociale della Roma medioevale e della prima età moderna, divisa in grandi famiglie nobiliari (I Farnese i Barberini ecc.) sempre in lotta tra loro per conquistare il soglio papale; questa struttura è speculare a quella delle antiche gentes , con i loro siti fortificati, sebbene esse siano scomparse fin dal III sec. D.C. Anche gli interessi culturali italiani sembrano riflettere quelli latini: abbiamo tanta storia e politica ( Niccolò Machiavelli, Francesco Guicciardini, Paolo Sarpi, Ludovico Antonio Muratori ecc.); tanta erudizione e grammatica; tanto diritto (Glossatori, Commentatori, Scuola di Napoli ecc.), analizzato filosoficamente da Giambattista Vico e non solo; c'è l'interesse per la natura, non di rado affiancato dalla dottrina astrologica; e infine troviamo anche la teologia umanistica e sincretistica di Marsilio Ficino, versato soprattutto nel platonismo, e di Giovanni Pico della Mirandola, sempre però nell'ottica di far risaltare l'eccellenza del verbo cristiano. Non poteva essere altrimenti: ormai la teologia era da lungo tempo sentita come campo privilegiato del pensiero cristiano-cattolico.