Cronaca

Mostri a Firenze - Il delitto D'Aniello - II parte


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Come era riuscita a entrare in casa senza effrazioni? Ingegnoso: aveva stampato un finto logo del sindacato farmacisti, piazzandolo su una scatola e fingendo la consegna del collo. L’ignara e rilassata Rossana, ancora in vestaglia nella tranquillità di un sabato di riposo, aveva vinto le proprie reticenze nell’aprire a sconosciuti: quando la Cecchin aveva finto di non aver una penna per firmare la falsa ricevuta  e la bancaria si era voltata per cercarne una, era scattato l’attacco. La Cecchin ha lasciato in casa, oltre i propri abiti sporchi ( ma non si sono accorti subito che erano da donna?), anche il pacchetto; avrebbe agito con i guanti, ma se si è asciugata dalle sue stesse copiose perdite ematiche, vuol dire che se li è tolti, giusto? Eccone un altro, che fa la cosiddetta mattanza ed esce tranquillo senza grondare.

Nel frattempo, le analisi sul DNA dimostrano che quello sulla scena del crimine, mescolato con l’altro della vittima, è il suo. Purtroppo non si poteva fare nulla in precedenza,  poiché la criminale era “incensurata” e “ non c’era il suo DNA in banca dati”. Siamo spiazzati, perché la Cecchin aveva commesso diversi reati, ma evidentemente era sempre scampata a denunce e azioni giudiziarie nei suoi confronti; e per quella allusione alla banca dati ( e qui richiamiamo la nostra premessa), in quanto tale raccolta è stata istituita nel 2009, in Italia, e nel 2003 nulla si sarebbe potuto riscontrare: o no?

Eminenti psichiatri schematizzano per noi un profilo comportamentale che però, questa è l’impressione, scappa da tutte le parti. Si accosta la Cecchin a famosi stalker come quelli che attentarono ad alcune star dello spettacolo o che hanno eliminato ex fidanzate, ma non sembrano esserci poi tanti punti di contatto, se non forzando la mano.

Ci si aggrappa ad alcune testimonianze dei vicini dei Botteri/D’Aniello, secondo cui si sarebbe avvertita, al momento del fatto, ossia verso le nove di mattina, una seconda voce di donna arrochita e caricaturale, che chiedeva aiuto quasi con ironia.

Iniziamo col notare che se effettivamente  una telecamera sul posto inquadrava, all’ingresso, una donna con vestiti simili a quelli indossati da Daniela, altri testimoni non fanno collimare le figure, poiché accennavano a  persona alta circa un metro e ottanta e nessuno ha mai certificato che l’assassina sia così alta, anzi si descriveva proprio un individuo di sesso maschile. Ma ha confessato e tutto il resto, si dirà. Certamente sì. Tuttavia, il doppio riferimento a Hitchcock ci lascia straniti. Tenere una cassetta di Psyco in casa non è così strano, molti amano il “maestro del brivido”, i noir, i gialli. La vocina sovrapposta alla propria è appunto una caratteristica del protagonista di quel film, Norman Bates/Anthony Hopkins, oltre che di “Marnie”, altro film del geniale regista, personaggio questa volta femminile interpretato da Tippi Hedren. E poi: solo quella aveva in casa, o si trattava di una tra tante di diverso genere? C’era anche una collezione di monetine.

La musica heavy è spesso demonizzata e certamente non appartiene a un pubblico colto e raffinato, ma l’accostamento a tendenze omicide risulta un po’ stucchevole, tanto più che è un genere legatissimo all’uso di sostanze: Daniela viene spesso disegnata come una farmacodipendente, mai una drogata.

Da parte loro, sembra che i familiari di Daniela, presso cui lei aveva pranzato ( articoli oscillanti tra il sabato sera stesso o la domenica seguente) non si fossero accorti di nulla, nemmeno dei tagli alle mani, che nelle foto a noi mostrate non sono roba da poco, e avrebbero confermato un suo comportamento “ normale”. 

Ci piacerebbe sapere cosa significasse l’aggettivo “normale”, in un soggetto del genere. Forse,  che era fuor di senno come sempre? Sapevano o no che risma di squilibrata era lei? Avevano letto i giornali? Tutta Firenze sapeva e loro non sospettavano nulla? Pensavano che fosse tornato il mostro? Dopotutto, ancora oggi, anche a voler credere alle sentenze ( peraltro squalificate dall’ultima del 2008), almeno tre duplici delitti del serial killer più famoso d’Italia sono rimasti senza colpevole, perché le condanne ai compagni di merende ne hanno incluso solo quattro su sette…

Forse questa oscura presenza spaventava anche i Cecchin genitori, fratelli, eventuali nipoti,  al punto di indurli al silenzio purché  lei se ne stesse alla larga?

Un reo confesso non si discute mai e l’animo umano resta imperscrutabile, ma  stiamo accatastando un po’ troppi assassini che sembrano seminare prove in giro apposta per essere acciuffati. Meglio così, danno una mano e non colpiranno più: però… un senso di disfatta, l’idea che a volte si potrebbe prevenire un crimine, lascia un retrogusto amarissimo nell’anima.

Autore carmengueyeny
Categoria Cronaca
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