"Comunico il risultato della votazione sull'articolo unico del disegno di legge di conversione del decreto-legge in esame, nel testo delle Commissioni, sul quale il Governo ha posto la questione di fiducia:Presenti: 340, votanti: 337, astenuti: 3, maggioranza: 169. Hanno risposto sì: 203, hanno risposto no:134. La Camera approva."

Così il vicepresidente Giorgio Mulè (Forza Italia), ha riassunto l'odierno voto della Camera sulla questione di fiducia - Articolo unico - A.C. 1114-A, recante disposizioni urgenti per il rafforzamento della capacità amministrativa delle amministrazioni pubbliche. 

Con il provvedimento è stata approvata anche la norma che toglie alla Corte dei Conti la funzione di controllo concomitante sul Pnrr. 

Da parte della maggioranza, le dichiarazioni più assurde per giustificare il provvedimento... che vanno da quella che mai era stato messo in atto dal 2009, fino a quella che per il presidente della Corte dei Conti i controlli si faranno comunque...

Però, i deputati della maggioranza si sono dimenticati di ricordare che questa corsa a voler impedire un controllo il più accurato possibile su come verranno spesi i soldi del Pnrr, purché il governo Meloni riesca a spenderli, da parte della Corte dei Conti è nato all'improvviso dopo che la magistratura contabile, a fine maggio, nel rapporto sul coordinamento della finanza pubblica 2023 dichiarava che nei primi quattro mesi del 2023, erano stati spesi 1,2 miliardi sul totale dei 32,7 miliardi previsti per quest'anno.

Al 4 maggio, quindi, il contatore della spesa effettiva del piano si attestava a quota 25,7 miliardi, una somma pari al 13,4% del valore complessivo in un dato spinto soprattutto dai crediti d'imposta automatici, mentre gli investimenti pubblici languivano. Al netto di questo filone, la spesa era ferma  a 10,5 miliardi, con un tasso di realizzazione del 6,4%, senza variazioni sostanziali rispetto al 6% indicato due mesi prima.

Ed è per questo che, puntuale, è arrivata la vendetta del governo Meloni... del democraticissimo governo Meloni, non fascista, bensì conservatore.