Un quarto di secolo fa, all’incirca, stavo con un gruppo di persone tra l’elitario e il conviviale, fortemente improntato allo stimolo delle idee e dell’intelligenza. Ne conservo un buon ricordo. E tra questi ricordi oggi ne riaffiora uno in particolare, in tema con le peripezie che ultimamente compiono i politici di ogni fazione, sebbene oggi vincano per notevole distacco le spericolate acrobazie dell’attuale governo.

Un’infiammata discussione sulle ideologie politiche, ecco cos’era. Adesso non ricordo con precisione gli argomenti chilometrici delle decine di email che ci scambiammo, infiammando il confronto per giorni e giorni, con aspra fermezza ma rispetto reciproco. La mia posizione, in particolare, tendeva a smontare la persistenza delle ideologie nella politica moderna. Era il tempo dei primi due governi Berlusconi, inframezzati dall’ultima sinistra che provava a essere alternativa.

Sinistra, destra. Nessuna di queste “definizioni” aveva più senso, e da tempo. Anche se le mie erano “idee per caso”, credendo io stesso d’essere ancora troppo giovane per accompagnare la riflessione all’esperienza. Oggi di quell’esperienza ce n’è già qualche scampolo in più; ancora troppo poca, ma per ora il pensiero sulla questione è rimasto lo stesso.

Come allora dico: «Non esiste più alcuna ideologia politica». Non sono, invero, di utilità reale ai giorni nostri. Non ha consistenza il dichiararsi progressisti o conservatori, piuttosto che temuti comunisti che mangiano bambini, oppure estremisti di una destra che lambisce l’apologia del fascismo. Ma ancora, se va bene, essere quei “moderati di centro” che esistono solo per paura di dichiararsi in qualcosa. Per vivere nell’aleatorietà del non essere, che paga un equilibrio altrettanto invisibile e retorico, quale fonte ultima per approvvigionarsi di un rimasuglio di consensi: quelli perennemente indecisi.

Ma loro lo sanno? L’avranno capito?
I politici, intendo.

Certo che lo sanno. Però devono recitare la parte necessaria alla loro sopravvivenza come latori di una morale superiore, migliore, quale appunto l’ideologia anacronistica che propugnano. Non è per sopravvivenza elettorale, badate bene. Perché è chiaro come il sole che i cittadini non si basano sull’ideologia per elargire preferenze, ma è la banale “vendetta” che guida il loro segno ICS di volta in volta. L’unico modo che hanno per punire il governo che non li avrebbe accontentati in qualcosa; e vagamente credendo alle promesse di quelli che si avvicendano. Molto vagamente.  Questo è lo zoccolo duro della maggioranza relativa che si costituisce nel paese tra una consultazione e l’altra, al di là degli ideologhi elettori nostalgici – che comunque ci sono – così radi e sparuti da non spostare una virgola.

Il colore politico è un mero distinguo come la maglia di una squadra di calcio: il punto non è più l’ideologia, ma come sanno giocare. Non voglio con ciò affermare che nulla di ideologico avvenga. Avviene! Perché si deve indossare la maglia, ma incide in maniera così irrisoria da essere completamente irrilevante. Prendiamo le fissazioni della destra per la famiglia e i migranti, che si traducono in provvedimenti fluidi e inconsistenti, poi esautorati dall’utilitarismo comunitario piuttosto che dai giudici; oppure il ciarlare impenitente di cose di sinistra di una sinistra che non ha mai avuto il coraggio di tramutarle in provvedimenti seri. Insomma, tutti gesti maldestri che tentano invano di adombrare la demagogia che li pervade.

Vale, ripeto, come sanno giocare.

Tutti giocano a risolvere i problemi del paese e dei cittadini, e quando li vediamo governare notiamo che si passa dalla promesse (demagogiche) ai fatti (nudi e crudi). I fatti sono sempre gli stessi: chiunque guidi la squadra del governo di turno cerca di far quadrare i conti e continuare a essere un ligio componente della squadra comunitaria dell’UE, perché altrimenti l’arbitro fischierà rigori a mai finire. Cambia poco: se sei di destra tagli ai poveri e fai quadrare i conti accontentando qualche evasore; se sei di sinistra lasci tutto più o meno come l’hai trovato.

Non è completamente sbagliato guardare ai fatti e mettere da parte le ideologie. Il punto però è che i fatti osservati da chi governa tendono quasi esclusivamente a soddisfare le esigenze dei mercati finanziari e dei principi ormai consolidati di una globalizzazione spinta ai massimi livelli. E sono questioni incompatibili coi problemi di tutti i giorni della gente comune. Immaginate: se non lo fossero, con tutti i governi che ormai hanno più volte soddisfatto quelle esclusive esigenze, oggi navigheremmo nell’oro. Invece non è così, pare…

Nell’oro ci navigano solo coloro che hanno interessi finanziari rilevanti o che sono immersi nel mercato del consumismo globale. Quattro gatti, insomma; i soliti che detengono la ricchezza mondiale.

Se i politici – sempre al netto delle ideologiche farlocche – osservassero davvero le esigenze della gente comune, il famigerato “spread” andrebbe alle stelle. Questo ci va anche quando ci si occupa davvero dei problemi, o si adottano misure sgradite e troppo sbilanciate dalla consueta cottura a fuoco lento. Mai discostarsi dal “principio della rana bollita” (cfr: Noam Chomsky).

Per concludere: i problemi sono noti, hanno una morale esclusivamente economica e nessuna fonte ideologica dei tempi che furono. Ci sono solo i problemi dei primi, ossia di chi detiene il potere vero, tramite il denaro; e ci sono poi i problemi dei secondi, la gente comune, la maggioranza delle persone – rane bollite – che credono di punire il governo precedente dando semplicemente spazio a un nuovo governo che perseguirà le medesime finalità del precedente: risolvere i problemi dei primi!

Corollario: le ideologie politiche sono oggi la maschera degli interessi corporativi.
Tutti dovrebbero collaborare tra loro per risolvere i problemi, ma non lo fanno trincerandosi in ciò che ha perso valore.

Abbiamo avuto dei lampi di decenza che hanno provato a invertire la tendenza, occupandosi prioritariamente e con molto tatto dei problemi della gente. Con immani ostacoli e ovvi incidenti. Ma i cittadini non lo hanno capito. Molti cittadini continuano a non capirci nulla di ideologie politiche e interessi reali, eppure tutte le loro ICS hanno uguale dignità di chi può aver compreso qualcosa in più. Un noto “bug” del suffragio universale.

Non era facile condensare quel lontano confronto, ma forse ci sono riuscito. In effetti si riduce tutto alla solita banale domanda retorica: qual è il vero interesse dei cittadini, nel loro insieme?

Vale la pena rifletterci.


Base foto: Street Art di “Banksy” (2018), contro la schiavitù capitalista, presso ex stazione di servizio sulla Coney Island Avenue a New York