Mentre Matteo Salvini trascorre il proprio tempo dedicandosi all'unica attività che gli si addice, quella di farsi propaganda sui suoi spazi social utilizzando però accuratamente temi che nulla hanno a che fare direttamente con le tasche degli italiani, l'altro vicepremier, Luigi Di Maio fa la stessa attività del collega leghista, intestardendosi, però, a far credere agli italiani di star lavorando per trovare soluzioni che riempiano i loro portafogli.... ma con risultati non esaltanti, in base a quanto dicono anche i sondaggi.

E, in fondo, come potrebbe essere altrimenti. La fuffa di Salvini può essere accettata senza che vi sia riscontro alcuno. La fuffa di Di Maio, invece, ha spesso a che fare con numeri e fatti che, pur se narrati in versioni di comodo, difficilmente possono essere manipolati fino a indicare come bianco ciò che è nero e viceversa. Di Maio ci prova comunque, ma con risultati scadenti come dimostra il testo sotto riportato, da lui postato su Facebook questo pomeriggio:

«Questi giorni per l'Italia sono molto importanti. Stiamo portando a casa una manovra che punta sullo sviluppo e, allo stesso tempo, tampona l'emergenza sociale. Per fare queste cose non abbiamo aspettato che le piazze si riempissero di milioni di persone come è successo in Francia, ma abbiamo agito immediatamente. E di questo sono orgoglioso.

La trattativa va avanti, cambiano i decimali, ma non cambia la sostanza. Le misure fondamentali della manovra restano tutte: blocco dell'aumento Iva che avrebbe frenato i consumi e che da sola ci costa 12 miliardi, l'aumento delle pensioni minime e di invalidità, lo smantellamento della Riforma Fornero con quota 100, ovviamente il Reddito di Cittadinanza mantenendo invariata la platea e la somma erogata che resta 780 euro.

Gli aggiustamenti di bilancio presentati ieri a Bruxelles dal nostro presidente Conte permettono però di evitare la procedura d'infrazione e di abbassare lo spread: gli effetti si vedono già da questa mattina.

Ieri a cena Giuseppe era soddisfatto, sa che sta facendo quello che è giusto senza tradire gli impegni che abbiamo preso in campagna elettorale. Stateci vicino. Uniti si vince.»


Lo sviluppo nella manovra visto solo dal Governo e da nessun altro è garantito dalle misure fondamentali che rimarranno intatte, nonostante il premier Conte abbia tagliato quasi mezzo punto dal deficit del 2,4 indicato qualche tempo fa dallo stesso Di Maio come soglia minima per attuare le misure da lui sopra elencate. Adesso con molti miliardi in meno, Di Maio dice che il Governo manterrà ugualmente le promesse, evitando anche la procedura d'infrazione, come se l'Europa avesse già dato il proprio placet... cosa che pare tutt'altro che scontata.

Non solo, Di Maio è soddisfatto perché questa nuova legge di bilancio consente anche di abbassare lo spread!

Ma allora, quando lui e Salvini dicevano che la manovra non si sarebbe modificata e che i mercati avrebbero dovuto adattarsi a quella evidenza, così come l'Europa, stavano forse scherzando? Adesso Di Maio ci viene a dire che quello che il Governo vuol mettere in pratica si poteva fare con molti meno soldi e senza mettere in fibrillazione i mercati, dopo aver fatto salire lo spread con costi per il Paese di decine e decine di milioni... forse centinaia? Soldi buttati al vento, come confermano le stesse parole di Di Maio.


Nel frattempo il ministro dell'economia Giovanni Tria, che fin da settembre aveva detto quali fossero i parametri del deficit che il Governo avrebbe dovuto indicare nella legge di bilancio, rimarrà a Bruxelles fino alla fine del negoziato con la Commissione europea, finché non si arriverà ad un accordo, ammesso che ciò avvenga.

In ogni caso, solo nel tardo pomeriggio di martedì 18 dicembre la manovra approderà al Senato in seconda lettura e solo allora potremo conoscerne il testo, quello vero, visto che quella parziale presentata alla Camera ormai è da considerare, quasi del tutto, carta straccia.

Come biglietto da visita, quanto fatto finora dal nuovo Governo mostra solo impreparazione e approssimazione, in particolar modo quando si tratta di fare i conti con la realtà e non con la propaganda.