Stamattina non sono stato sereno. Perché quando di prima mattina si è costretti a leggere che presso le università si stanno registrando salassi di studenti che rinunciano agli studi, nessuno può stare sereno. Non può, se comprende realmente cosa comporta quest’altra emergenza, che finisce anch’essa tra le maglie della pesante crisi che ci affligge.
Nella cronaca de “La Repubblica” si titola “100mila fuori sede in meno a causa dei costi saliti alle stelle”, partendo con un articolo dall’incipit inequivocabile che fa tremare i polsi!
Maria Catena, pur di assicurare il futuro delle sue ragazze, ha ceduto il quinto dello stipendio. Giuseppe, invece, ha dovuto chiedere a suo figlio Marco di rinunciare a quell'università che era il sogno della sua vita e per cui aveva studiato tutta l'estate superando i test d'ingresso. Sandro ringrazia il cielo che Alice, appena laureatasi in Inghilterra e con l'intenzione di restarci, nel frattempo ha deciso di tornare a casa cercando lavoro da remoto. Leopoldo e Paulo, invece, pur di rimanere a studiare a Bologna - dove trovare un alloggio a prezzi non stellari è impresa quasi impossibile - si sono adattati a vivere in una casa occupata: tre in una stanza e materassi per terra. […] (“La Repubblica”, 31/10/2022)
Mi ha particolarmente colpito la storia di Marco, approfondita poi nell’articolo. Anch'io ho due figlie che studiano fuori sede; mi sento quasi in colpa e da padre comprendo quanto possa essere devastante dover dire ai propri figli che non possono studiare più, per quanto promettenti e meritevoli possano essere. E’ il loro futuro! Ed è tremendo non poterli aiutare.
In prossimità dell’inizio dell’anno accademico avevo scritto un articolo in cui criticavo con fermezza la decisione INSENSATA di sopprimere la DaD. Questa, oltre a essere uno strumento di estrema efficacia per limitare sul nascere il problema dei contagi, è ancor prima una passaggio che può «aprire le porte dell'istruzione a quella consistente fetta di popolazione giovanile che vi rinuncia a causa dei costi di frequenza insostenibili da fuori sede», come scrivevo. Proprio perché: «Il ritorno delle lezioni in presenza e l'aumento severo del prezzo degli affitti, delle bollette e dei trasporti, ha indotto migliaia di giovani a rinunciare ad iscriversi», scrive oggi “La Repubblica”.
Ma non c’era forse d’aspettarselo?
Stiamo vivendo una crisi senza precedenti con un tasso d’inflazione che alcuni dei genitori più giovani non hanno mai vissuto, o erano troppo piccoli per ricordarlo. La straordinarietà del momento è ictu oculi iper palese!
Non possono essere chiesti miracoli, le borse di studio sono ancora troppo poche e troppo deboli, e i settori in sofferenza sono tanti – peraltro, una rivoluzione culturale che risolva tutto non è fattibile in qualche mese – ma possono essere chieste, e vanno chieste, misure ben capaci di arginare molti dei problemi derivanti dalla crisi. E’ una di queste è la DaD!
Se i ministri dell’istruzione e dell’università pensano che sia meglio rimanere ignoranti e con un futuro peggiore dell’incerto, piuttosto che permettere agli studenti fuori sede di seguire attraverso DaD, potrebbero almeno spiegare il perché. E visto che uno dei due ministri si è aggiunto l’attributo del “merito” nella propria denominazione, spiegare perché i tanti Marco che hanno studiato con profitto e sacrificio, e quindi MERITANDO, non possano oggi frequentare l’università.
Che MERITO si vorrà promuovere, dunque?
E’ una spirale terribile che va arrestata in tutti i modi possibili. Ma vi confesso che non mi sento per nulla a mio agio sapendo chi c’è dietro e cosa sta facendo. Questo nuovo governo sta osservando un paese entrato in una spirale devastante di difficoltà, e per conto suo discute di provvedimenti che poco hanno a che vedere con tali difficoltà. Al di la di qualche rimborso in bolletta, non c’è attualmente nulla per puntellare la caduta libera dei ceti meno abbienti e di quel che resta della classe media.
Provvedimenti, insomma, contrari alla quasi totalità dei cittadini, perché poi resterebbe solo una sparuta percentuale di grandi benestanti e ricchi sfondati.
Non preoccupiamoci di questo o dell’università, per carità. Invece innalziamo il tetto del contante, che finalmente ci aiuterà a spendere i soldi nascosti sotto il materasso (anche quelli andati fuori corso); tagliamo il reddito di cittadinanza a chi può lavorare, cosicché tornino ad accettare le proposte a 5 euro l’ora per 10 ore al giorno per 6,5 giorni alla settimana; tagliamo il superbonus, che gioverà molto al già devastato ex-trainante settore edile di questo paese; mettiamo una “tassa verde” alle aziende di distribuzione, che è di inaudita scaltrezza in un settore dove Amazon è l’azienda (straniera) più “verde” di tutti, e dunque fagociterà meglio l’impresa nostrana che subirà la reale batosta; allarghiamo la flat-tax per le partite iva, che ne saranno pure liete e dimenticheranno che si deve lavorare a un sistema progressivo sui redditi colossali;
Qui manca davvero e seriamente la responsabilità!
Purtroppo non riesco a raccontarvela meglio di così, oggi.
base foto: Maximiliano Estevez da Pixabay