Carlo Calenda, l'uomo nuovo e fuori dagli 'schemi' della politica italiana, annuncia l'obiettivo del 20% auspicando una convergenza 'repubblicana' centrista.
In concreto, diciamo che il 20% di 244 deputati eletti con il proporzionale fa 49 seggi in Parlamento, praticamente un deputato di centro eletto per ognuno dei 49 collegi elettorali.
Dunque, un eletto di Centro per collegio è un risultato 'minimo', visto che tra l'altro si coalizzano Calenda, Di Maio, Carfagna, Renzi, Della Vedova e magari Tosi, Gelmini chissà.
E non basterebbe a formare un governo con quel che resta del PD dopo essersi 'allargato' in territori alieni.
Specialmente se almeno una parte del Centro si professa 'Repubblicana', cioè in antitesi ai Dem.
Repubblicani atlantisti per l'Agenda Draghi alleati con i Cristiano democratici che hanno lasciato Forza Italia ma non il PPE?
Si può fare, non è molto diverso dalla Francia con Macron e non era molto diverso con la prima Grosse Koalition in Germania.
Ma a maggior ragione ci sarebbe da puntare a ben più del 20% che il buon Calenda annuncia: in altre parole quanti mesi ancora durerà il sostegno dei Centristi alle giunte del PD (vedi Roma ...) o della Lega (vedi la Lombardia)?
Questa è la vera 'sfida' dopo che Berlusconi ha annunciato la politica economica che porterà avanti la Destra post-fascista e che - seppur regressiva - è certamente attrattiva per ampie parti della popolazione, ormai allo stremo: pensionati, casalinghe, padroncini, invalidi.
Quel che c'è da chiedersi è quanto consenso "oltre il 20%" arriverebbe ai Centristi, se conducessero una campagna elettorale da veri Repubblicani, cioè 'aggressiva' in opposto ai totem della Sinistra quanto 'di buon senso' contro i radicalismi della Destra?
Questa è l'unica domanda reale a questo punto, in cui iniziano a delinearsi sondaggi e liste di candidati.
Vincerà solo il capolista in ogni collegio elettorale oppure si punta a maggiori opportunità, sfondando il muro del 20% al proporzionale?