Io, patria e famiglia! Così il titolo con cui il manifesto ha commentato il confronto di ieri con la stampa, in cui Giorgia Meloni ha riassunto quanto fatto dal suo governo nel 2023.

Il motivo? È dovuto a come Giorgia Meloni intende la politica... e il governo: un fatto personale. 

L'uso del pronome possessivo - scrive Andrea Carugati - fa il paio con la prima persona plurale utilizzata per rispondere all'accusa di aver fatto della Rai TeleMeloni: «Stiamo cercando di portare un riequilibrio: la sinistra col 18% aveva il 70% della Rai, durante il governo Draghi eravamo l'unica opposizione e neppure un consigliere della tv pubblica. Io ho pagato moltissimo, quelli di Fdi andavano in onda la notte». Non c'è imbarazzo: il riequilibrio in tv lo fa lei. Da qui discende l'accorata difesa di Paolo Corsini, il direttore approfondimento Rai che ad Atreju parlava del «nostro partito» e attaccava Schlein: «Sapete quante volte sono stata criticata da giornalisti Rai? Volete la regola che un dipendente Rai non possa più parlare di politica?» Nel riequilibrio c'è anche la norma bavaglio contestata dalla Fnsi (assente per protesta): «Macché, è una legge equilibrata e poi mica l'ho voluta io».

Senza dimenticare di aggiungere un pizzico di vittimismo...

«Ora decido io, non sono ricattabile né influenzabile». E riguarda anche i rapporti con i partner europei. Sul no al Mes gliela faranno pagare? «L'Italia non ha meno diritti degli altri, quando i francesi hanno bocciato la Costituzione Ue nessuno ha pensato di farla pagare a Chirac. Noi non contiamo di meno e poi era obsoleto!». Sulle future alleanze, non si chiude tutte le porte: «Non starò mai in una maggioranza con la sinistra».

di cui ne fa le spese persino il sempiterno Giuliano Amato...

«Amato teme che l'Italia finisca come l'Ungheria? Se il problema è che questo Parlamento deve eleggere 4 giudici della Corte costituzionale capiamoci: in Costituzione non c'è scritto che devono essere scelti dal Pd. La democrazia vale per tutti». E poi sbuffando: «Il mondo in cui la sinistra aveva più diritti degli altri è finito, finito!».

E ad ulteriore conferma dell'io tutto che dovrà essere sublimato con il premierato, ecco quanto detto dalla premier sulle europee:

«Non ho ancora deciso se mi candido, valuterò il consenso dei cittadini. ... La mia eventuale candidatura potrebbe forse portare altri leader a fare la stessa scelta, penso ai leader dell'opposizione: sarebbe anche un test».

Questa è la infima considerazione che Meloni ha del voto... al pari di un Renzi qualsiasi! In pratica gli italiani alle prossime europee dovrebbero votare i leader di partito, sapendo che poi rinunceranno al seggio, invece dei reali rappresentanti da eleggere al Parlamento di Bruxelles, trasformando così il prossimo appuntamento elettorale in una sorta di riedizione delle elezioni politiche tenutesi nel 2022. 

E a supporto di ciò la premier auspica il solito pollaio tv con la segretaria del Pd, Elly Schlein, indicato come un test democratico.

Questa è la normalità della politica in Italia. E poi c'è chi si chiede il perché molti non vadano più a votare. Per come stanno le cose, il numero degli elettori è persino esagerato!