Sviluppo sostenibile è un concetto che ha fatto da base alla cosiddetta decrescita felice, slogan mal spiegato, o volutamente mal capito, che dovrebbe promuovere non tanto la recessione economica, quanto delle soluzioni per creare in un Paese un modello di crescita alternativo che possa promuovere il benessere cercando anche di migliorare la qualità della vita delle persone.

E a testimonianza che l'argomento non è poi così campato in aria, di sviluppo sostenibile si sta occupando anche la Cgil che questo martedì ha presentato al riguardo un proprio progetto con l'intento di tenere insieme tutela dell’ambiente, legalità e creazione del lavoro all'interno della propria principale attività, quella di siglare contratti di lavoro.

Perché il più grande sindacato italiano ha deciso di occuparsi di tale argomento? Perché le sfide del futuro riguardano ormai molti fattori. Oltre alla globalizzazione, ci sono i cambiamenti climatici, l’innovazione tecnologica, le grandi migrazioni, il rallentamento demografico che, nel loro complesso, incideranno profondamente e sempre di più rispetto a quanto già abbiamo potuto sperimentare, nei modelli di vita, nell’economia e, di conseguenza, anche nel lavoro, con il rischio non di certo di migliorare la condizione delle persone, almeno quelle meno tutelate, ma di generare ulteriori disuguaglianze.

Da qui l'idea che proprio "le arretratezze e le potenzialità ancora inespresse dall’economia verde possano modellare lo sviluppo globale nella direzione di una nuova sostenibilità, non solo ambientale, ma anche economica e sociale".

In rapporto alle esperienze vissute anche nel nostro Paese, la convinzione della Cgil è che sia possibile far conciliare gli interessi dell'ambiente con quelli del lavoro, convinzione oltre che imprescindibile anche inevitabile, dopo l’Accordo di Parigi 2015 (Cop21) e gli obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Onu (SDGs), così come i vari target delle Agende europee dal 2020 al 2050. Quegli obbiettivi nei prossimi anni determineranno scelte profonde per il nostro Paese.

A titolo esemplificativo, la Cgil prende in esame la nuova strategia europea sull’economia circolare, con cui si stabilisce il riciclo totale degli imballaggi in plastica entro il 2030, il bando delle microplastiche nei cosmetici e misure per ridurre oggetti in plastica mono-uso (come le stoviglie). In sintesi, la Commissione europea dichiara guerra alla plastica con una strategia – una nuova direttiva sulle strutture portuali e uno strumento per monitorare gli avanzamenti nell’economia circolare – con lo scopo di ridurre i 25 milioni di tonnellate l’anno di rifiuti da plastica prodotti in Europa, aumentando il ricorso al riciclo e al riuso, che oggi è solo al 30% del totale.

Quindi, puntare su un'economia che possa indirizzare investimenti, innovazione e sviluppo verso la creazione di lavoro e la sostenibilità è, non essenziale, ma inevitabile. Per questo "la Cgil ha costruito in un percorso di condivisione avviato un anno fa con le proprie categorie e le strutture territoriali, una Piattaforma integrata per lo sviluppo sostenibile" che è stata presentata questo 27 marzo.

Con questa iniziativa, la Cgil ha intenzione di promuovere questa piattaforma nelle vertenze, in modo da porre "i temi dell'ambiente, del territorio, del clima negli schemi di conflitto o concertazione quotidiani dell’azione sindacale, dai confronti con governo e istituzioni, ai tavoli per i rinnovi dei ccnl piuttosto che degli accordi aziendali, nei contratti di filiera, di sito, di distretto e di bacino."

La Cgil, contemporaneamente, ha anche sottolineato la necessità di rafforzare il dialogo sociale e il confronto con chiunque rappresenti bisogni e aspirazioni della società, in modo da promuovere a ogni livello la partecipazione democratica della comunità nella sua globalità al proprio progetto. Per questo, la Cgil ha pensato a tre direttrici "elementari" (aria, acqua e terra) su cui coniugare un'azione contrattuale, le esigenze di tutela ambientale e la promozione dello sviluppo sostenibile.

Infine, da non dimenticare che questa iniziativa si fonda su delle basi già solide. Infatti, di recente sono state elaborate numerose statistiche su green economy e fattori di crescita ad essa associati. Secondo i dati Eurostat, l’economia verde è cresciuta, tanto che nell’Unione europea i green jobs sono aumentati in 15 anni del 49% rispetto all’occupazione nell’economia tradizionale che è aumentata invece solo del 6%. La sola bioeconomia, ovvero l’economia basata sull'utilizzo di risorse rinnovabili, in Europa vale più di 2 mila miliardi di euro e oggi dà impiego a 22 milioni di persone.

Quindi, perché non dover promuovere questa iniziativa?