Accadeva esattamente 24 anni fa. Un torrido pomeriggio estivo siciliano, una visita alla mamma, per dare un senso di normalità ad una esistenza che di normale aveva ben poco.

Sotto scorta, blindata, consapevole di una morte annunciata, dopo la strage di Capaci, la vita di Paolo Borsellino tentava disperatamente di trovare degli equilibri, nel faticoso tentativo di restare fedele alle proprie convinzioni, alla certezza di una giustizia che prima o poi dovesse affermarsi.

Una vita spesa così, tra inchieste "bollenti", un altalenarsi di apprezzamenti e disconoscimenti, quando - insieme al suo più caro amico e fidato collega - si sfioravano i segreti di una collusione tra poteri (politico e malavitoso) che neppure Buscetta ritenne di dover svelare (non siete ancora pronti...)

Una famiglia coesa, che cercava di non pensare, di scacciare la consapevolezza che il domani forse non ci sarebbe stato.

Sono 6 addii, perché con Borsellino sono morti 5 dei 6 uomini e donne della scorta.

Una furia barbarica cieca, il tentativo di affermare la propria supremazia in un territorio preda di interessi e di giochi di potere troppo a lungo supportati dal silenzio dell'ignoranza, della fame, di una "civiltà dell'onore" che ha radici antiche, e non solo in SIcilia.

E dopo Falcone, con la strage che uccise Borsellino, un risveglio di coscenze, delle teste che rifiutano di piegarsi, e lasciano intravedere l'inizio di un cammino faticoso verso un'emancipazione non ancora oggi raggiunta.

Sono passati 24 anni, forse dovrebbe scendere l'oblio che mitiga il dolore.

Ma io non riesco a dimenticare.