Il Superbonus è stato varato per incentivare la ristrutturazione edilizia e l'efficientamento energetico degli edifici, inclusa l'installazione di impianti fotovoltaici, termici ed elettrici, tramite  la detrazione fiscale del 110% delle spese sostenute per gli interventi effettuati.

Il Superbonus è stato introdotto con  il Decreto Rilancio del 2020, approvato dal Consiglio dei Ministri il 19 maggio 2020 e successivamente convertito in legge il 6 luglio 2020, con la legge n. 77/2020.

In seguito, il Decreto Sostegni del 22 aprile 2021, convertito in legge il successivo 24 giugno, ha apportato alcune modifiche al provvedimento, prorogandone la scadenza fino al 31 dicembre 2022 e introducendo alcune semplificazioni procedurali per agevolare l'accesso alla detrazione fiscale del 110%.

Per accedere al Superbonus, era necessario che gli interventi fossero eseguiti da imprese registrate e che le spese fossero pagate tramite bonifico bancario. Inoltre, era necessario che gli interventi venissero certificati da un tecnico abilitato, che doveva attestare la conformità alle norme tecniche e le prestazioni energetiche dell'edificio dopo l'esecuzione dei lavori.

Il Superbonus prevede la detrazione fiscale del 110% delle spese sostenute, che può essere ripartita in 5 anni. Ciò significa che, ad esempio, per una spesa sostenuta di 10.000 euro, si può ottenere una detrazione fiscale di 11.000 euro, che può essere suddivisa in 5 rate annuali di 2.200 euro.

È importante notare che il Superbonus prevedeva alcune limitazioni e vincoli, ad esempio per quanto riguarda le tipologie di interventi ammissibili e le tipologie di immobili. Inoltre, poteva essere cumulato con altre agevolazioni fiscali, come ad esempio l'ecobonus e il bonus mobili.

L'attuazione del Superbonus ha creato alcuni problemi e difficoltà di applicazione.

Tra le principali problematiche:

la complessità delle procedure  amministrative e fiscali necessarie ne ha reso difficile l'accesso per molti cittadini e imprese;

la carenza di personale qualificato - progettisti, tecnici e professionisti - necessario per la realizzazione degli interventi previsti;

i tempi di attuazione dei lavori e la lentezza delle procedure amministrative;

i costi degli interventi non accessibili a molte famiglie e imprese con bassi redditi;

la difficoltà di attuazione nei condomini a causa delle numerose decisioni che devono essere prese dai proprietari e dall'amministratore...

Ma il problema principale si è rivelato quello più innovativo legato alla norma Superbonus: la possibilità di cedere il credito corrispondente alla detrazione fiscale del 110% a terzi, come banche o società di factoring. Questa soluzione avrebbe dovuto consentire ai contribuenti di ottenere un finanziamento per i lavori, riducendo l'impatto dei costi degli interventi sulle proprie finanze. Tuttavia, ci sono stati alcuni problemi e difficoltà legati alla cessione dei crediti.

Nonostante il vantaggio fiscale offerto dalla cessione dei crediti, molte banche e società di factoring non hanno mostrato interesse per il loro acquisto, soprattutto a causa delle incertezze e dei rischi legati alle procedure di attuazione. A ciò si è aggiunta la complessità della procedura per la cessione dei crediti, che richiede l'intervento di un notaio, aumentandone così i costi. Poi il problema frodi con illeciti collegati all'elusione fiscale, alla duplicazione dei crediti e all'abuso di posizione dominante da parte delle banche e delle società di factoring. Inoltre, la procedura di cessione del credito richiede tempi di attuazione lunghi e complicati, aumentando tempi e costi.

In sostanza, la cessione dei crediti del Superbonus ha creato problemi principalmente per la difficoltà di trovare acquirenti, la complessità delle procedure, il rischio di frodi e i tempi di attuazione.

Entrambi i provvedimenti collegati all'attuazione del Superbonus sono stati approvati dalle rispettive maggioranze di governo con  largo consenso delle opposizioni. Inoltre, nel 2021, praticamente solo FdI era all'opposizione... ma il sostegno all'approvazione del nuovo decreto è venuto anche da quei banchi.

 Giovedì, nel CdM n.21, il governo Meloni ha approvato un decreto-legge che introduce misure urgenti in materia di cessione di crediti d'imposta relativi agli incentivi fiscali.

"Il testo interviene - illustra una nota dell'esecutivo - per modificare la disciplina riguardante la cessione dei crediti d'imposta relativi a spese per gli interventi in materia di recupero patrimonio edilizio, efficienza energetica e "superbonus 110%", misure antisismiche, facciate, impianti fotovoltaici, colonnine di ricarica e barriere architettoniche.L'oggetto dell'intervento non è il bonus, bensì la cessione del relativo credito, che ha potenzialità negative sull'incremento del debito pubblico.Dall'entrata in vigore del decreto, con l'eccezione di specifiche deroghe per le operazioni già in corso, non sarà più possibile per i soggetti che effettuano tali spese optare per il cosiddetto “sconto in fattura” né per la cessione del credito d'imposta. Inoltre, non sarà più consentita la prima cessione dei crediti d'imposta relativi a specifiche categorie di spese; resta invece inalterata la possibilità della detrazione degli importi corrispondenti.Si abrogano le norme che prevedevano la possibilità di cedere i crediti relativi a:

  • spese per interventi di riqualificazione energetica e di interventi di ristrutturazione importante di primo livello (prestazione energetica) per le parti comuni degli edifici condominiali, con un importo dei lavori pari o superiore a 200.000 euro;
  • spese per interventi di riduzione del rischio sismico realizzati sulle parti comuni di edifici condominiali o realizzati nei comuni ricadenti nelle zone classificate a rischio sismico 1, 2 e 3, mediante demolizione e ricostruzione di interi edifici, eseguiti da imprese di costruzione o ristrutturazione immobiliare, che provvedano alla successiva alienazione dell'immobile.

Si introduce anche il divieto, per le pubbliche amministrazioni, di essere cessionarie di crediti d'imposta relativi agli incentivi fiscali maturati con tali tipologie di intervento.Infine, il testo chiarisce il regime della responsabilità solidale nei casi di accertata mancata sussistenza dei requisiti che danno diritto ai benefici fiscali. Con le nuove norme, ferme restando le ipotesi di dolo, si esclude il concorso nella violazione, e quindi la responsabilità in solido, per il fornitore che ha applicato lo sconto e per i cessionari che hanno acquisito il credito e che siano in possesso della documentazione utile dimostrare l'effettività delle opere realizzate. L'esclusione opera anche per i soggetti, diversi dai consumatori o utenti, che acquistano i crediti di imposta da una banca, o da altra società appartenente al gruppo bancario di quella banca, con la quale abbiano stipulato un contratto di conto corrente, facendosi rilasciare un'attestazione di possesso, da parte della banca o della diversa società del gruppo cedente, di tutta la documentazione. Resta, peraltro, fermo che il solo mancato possesso della documentazione non costituisce causa di responsabilità solidale per dolo o colpa grave del cessionario, il quale può fornire con ogni mezzo prova della propria diligenza o non gravità della negligenza.Il Consiglio ha concordato che le associazioni di rappresentanza delle categorie maggiormente interessate dalle disposizioni del decreto-legge saranno sentite dal Governo il prossimo 20 febbraio".

La chiusa del comunicato è alquanto sorprendente: prima il Governo decide, poi ascolta le parti. Comunque, così il presidente di Unimpresa, Giovanna Ferrara, ha commentato il decreto legge approvato ieri dal consiglio dei ministri:

"Il decreto approvato ieri dal governo rappresenta una minaccia per tutta l’operazione Superbonus. Con questo provvedimento, si mette la parola fine alla cessione dei crediti fiscali e molti cantieri già fermi da tempo potrebbero essere chiusi definitivamente. Noi avevamo suggerito di coinvolgere le regioni e gli altri enti locali perché potessero acquistare i crediti delle banche, ma il governo ha detto no, probabilmente per ragioni politiche. Con rammarico, prendiamo atto di queste decisioni che però corrono il rischio di portare al fallimento 25mila piccole e medie imprese italiane. Il rischio che avevamo paventato pochi giorni fa resta intatto".

Secondo il Centro studi di Unimpresa, le nuove norme non risolvono il problema dei circa 15 miliardi di euro di crediti fiscali incagliati, questione che sta bloccando 90mila cantieri: una situazione pericolosa che mette a rischio fallimento 25mila aziende, per la quasi totalità pmi, con la consequenziale perdita di 130mila posti di lavoro. Questa situazione si è creata principalmente a motivo della raggiunta capienza fiscale da parte delle banche, pari a 81 miliardi di euro, mentre il totale del “giro d’affari” dei bonus per l’edilizia ha raggiunto la quita di 110 miliardi, cifra assai superiore, peraltro, rispetto ai 72 miliardi inizialmente stimati. Il solo superbonus vale 61 miliardi, ben 25 miliardi in più rispetto alle stime di partenza: vuol dire che l’errore di previsione corrisponde a uno scostamento del 70%. 

Secondo Unimpresa, il volume d’affari di tutti i bonus per l’edilizia ammonta a 110 miliardi di euro, 38 miliardi in più (+53%) rispetto ai 72 miliardi stimati in partenza; il solo superbonus 110% ha generato fatturazioni per 61 miliardi, 25 miliardi in più rispetto ai 36 miliardi stimati in partenza, con una forbice tra previsioni e dato finale che sfiora il 70%; gli altri bonus edilizi (facciata, infissi, etc.) hanno creato business per 49 miliardi, 13 miliardi in più (+36%) rispetto ai 36 miliardi stimati. Quanto ai lavori, i condomini interessati da interventi di ristrutturazione edilizia sostenuti dallo Stato sono 48.087, con un importo medio di 598.000 euro; gli edifici unifamiliari sono 208.622, con un importo medio di 113.000 euro; gli immobili indipendenti sono 102.725, con un importo medio di 97.000 euro. (fonte askanews) 

Questo il commento di Giuseppe Conte, leader del M5s che è l'ispiratore del Superbonus, al decreto del Governo in una intervista a La Stampa:

«Quello che chiamano bubbone [definizione del ministro dell’Economia Giorgetti, ndr] è un Pil cresciuto nel 2021 del +6,7% e nel 2022 del +3,9%, numeri che in Italia non si vedevano da 35 anni. Su queste performance, secondo autorevoli osservatori, dal Centro studi di Confindustria al Cresme, Superbonus e Pnrr hanno avuto un impatto fondamentale. Il Superbonus, come confermato da Censis e Nomisma, ha inoltre permesso la creazione di 900mila posti di lavoro e un risparmio di 979mila tonnellate di CO2.

Siamo di fronte a un’insopportabile ipocrisia delle forze di maggioranza. Tajani [che accusa il M5s di mancata pianificazione, ndr] non può non sapere che nelle ultime settimane il suo partito, Forza Italia, ha portato avanti una serie di iniziative pro Superbonus e a difesa del meccanismo della cessione dei crediti d’imposta. Alla Camera hanno presentato una mozione di 8 pagine che chiede altrettanti impegni al governo sul Superbonus. Non capisco come facciano ora a restare nel governo. In conferenza stampa la faccia di Tajani trasudava imbarazzo a ogni parola [Tajani ha spiegato il decreto al posto di Meloni, assente perché influenzata].

La crescita del Pil, grazie anche al Superbonus, ha prodotto nel 2021 e nel 2022 un extragettito tale da consentire al governo Draghi di ricavare 90 miliardi per contrastare il caro bollette. Si è voluto criticare un meccanismo dal quale quello stesso governo ha ampiamente attinto. E aggiungo che lo stesso governo Draghi, quando ha introdotto crediti d'imposta a favore delle imprese energivore per aiutarle contro il caro energia, li ha previsti come cedibili.

Non abbiamo mai preteso che il Superbonus fosse una misura eterna con aliquota al 110%. Abbiamo ripetuto che si tratta di una misura nata nel 2020 per fornire una terapia d'urto a un settore che era a dir poco sfibrato. Una misura che, visto l'effetto moltiplicatore stimato fino a tre volte la spesa per investimento, meritava e merita una stabilizzazione per affrontare tutte le sfide della transizione ecologica, del Green new deal, del piano Fit for 55. Prendiamo la proposta di direttiva sulle case green, di cui anche noi contestiamo la ristrettezza dei tempi, ma che pone obiettivi condivisibili e ineludibili. L'Italia aveva lo strumento giusto per perseguire quegli obiettivi, da oggi non più. Con questa operazione si manda il Paese allo sbaraglio, senza nemmeno uno straccio di alternativa.

Questa è una scorrettezza ai limiti della viltà, tanto più se si considera che la stessa Meloni, in campagna elettorale, pubblicava video con cartelli dal titolo "pronti a tutelare i diritti del Superbonus e a migliorare le agevolazioni edilizie". Ormai ai cartelli della Meloni, destinati a diventare carta straccia, siamo abituati, come dimostra il caso delle accise sui carburanti».