Ero poco più che bambino quando mi commossi con lacrimoni vedendo il film “Torna a casa Lassie”, tratto dall’omonimo romanzo di Eric Knight.

Per quello che ricordo oggi la pellicola narrava del tenero affetto che legava Joe, un ragazzo inglese, al suo cane, un pastore scozzese di nome Lassie, separati da amare avversità della vita.

Sarà, forse, che oggi sono vecchio e la scorza degli anni mi ha reso meno propenso ad intenerirmi, certo è che il delirante appello “torna a casa Salvini”, rivolto da Berlusconi  al segretario della Lega, mi ha fatto solo ridere a crepapelle.

Come Salvini avrà vissuto questo invito?

E Berlusconi avrà cercato forse di invogliare al ritorno Salvini con una qualche leccornia, come si fa con i cuccioloni riottosi?.

Ancora uno dei tanti casi di alienazione ai quali Berlusconi ci ha abituati.

Eppure, in fondo in fondo, riesco perfino a provare un po’ di compassione per questo anziano personaggio pubblico che si ostina a non ammettere di essere alla fine del suo viale del tramonto.

Continua a delirare nella convinzione di poter rivivere quegli anni in cui gli era concesso di fare il bello ed il cattivo tempo anche in politica.

Forse una delle badanti o degli ultimi vassalli, che ancora gli sono vicini, dovrebbe spiegargli, con garbo e pazienza come si fa con i bambini, che il 4 marzo il suo giocattolo, Forza Italia, si è frantumato e tende oramai a scomparire dalla scena politica.

Anche per scongiurare che perduri il suo farneticare nel proporsi, al presidente Mattarella, alla guida di un esecutivo di centrodestra vantando la sua esperienza di nove anni di governi disastrosi.

“Con la carenza di personaggi che verifichiamo in queste ore, io sono a disposizione”, una affermazione così psicotica da sembrare manipolata, ed invece no sono parole autentiche pronunciate da Berlusconi.

Ad ossessionare in questi giorni Berlusconi, però, è l’assillante pensiero che Mattarella possa dar vita al governo gialloverde, quello del “nullafacente” Di Maio e del “fedifrago” Salvini.

A mandarlo fuori di testa nel programma gialloverde è quel capitolo in cui Di Maio e Salvini si propongono di smantellare tutti gli espedienti che, nei nove anni di governo, lui ed i suoi azzeccagarbugli hanno architettati per proteggere corrotti e corruttori, collusi e concussori, evasori e maneggioni, etc.    

Berlusconi è cosciente che, se il governo gialloverde riuscisse nel suo intento, la ciurma dei suoi supporter finirebbe nelle patrie galere e lui si ritroverebbe ancora più solo.

Ma, soprattutto, a fargli perdere il sonno non è la possibile legge sul conflitto di interessi, quanto piuttosto quelle righe del programma che prevedono la inidoneità a ricoprire incarichi istituzionali per i soggetti che siano sotto processo per reati gravi, o che abbiano riportate condanne penali anche non definitive, etc. etc.

Da ore Berlusconi va rodendosi il fegato tormentato da una domanda insistente, una ed una sola: “ma se quei due manigoldi faranno approvare questa norma, porcaccia miseria, come farò io a diventare presidente della Repubblica, dopo Mattarella?”.