Giorgia Meloni è andata a rilasciare dichiarazioni nella trasmissione tv Quarta Repubblica, dove il solito fedele propagandista della destra travestito da giornalista, in questo caso Nicola Porro, ha adempiuto al proprio compito facendo al caro leader domande che, probabilmente, la stessa Meloni gli aveva fornito in precedenza.
Inutile aggiungere che precisazioni e contestazioni alla premier non sono arrivate. Non c'è da stupirsene... infatti, se così non fosse stato, lì non sarebbe andata.
Che cosa ha detto Meloni? Prendiamo alcune delle sue affermazioni.
Candidatura alle elezioni europee:
"Vediamo… me la cavo così... perché non ho deciso. Penso che deciderò all’ultimo, quando si formano le liste. ... Si figuri – ha poi aggiunto – se io non considero importante misurarmi con il consenso dei cittadini, per me quello è l’unico elemento che conta. Rispetto, per esempio, a chi dice che candidarsi alle Europee da presidente del Consiglio è prendere in giro i cittadini perché poi in Europa non si va. ... I cittadini che poi dovessero votare per una Meloni che si candida in Europa sanno che non ci va. Ciò non toglie che se vogliono confermare un consenso, o non farlo, anche quella è democrazia. ... Il prossimo giugno governerò da un anno e mezzo, potrebbe essere importante verificare se ho ancora quel consenso dei cittadini che è l’unica cosa che mi interessa. Per il resto i miei oppositori possono fare e dire quello che vogliono".
Prima considerazione. In base a ciò che ha detto, non solo non ha rispetto per gli elettori, ma neppure per i suoi candidati, di cui evidentemente non ha assoluta fiducia. In questo Paese, la gente non vota per un partito, ma per colui o colei che di volta in volta lo rappresenta. Gli italiani non votano per un programma, ma per quanto è simpatico questo o quel leader di partito.
A questo punto, è doverosa la seconda considerazione. In funzione di ciò, un'elezione nazionale in cui Meloni non può mettere il suo nome, la impensierisce perché la gente potrebbe non votare o non votare con sufficienti voti il partito di Fratelli d'Italia... con il rischio che le europee da plebiscito diventino un boomerang.
Infine, la terza considerazione è la bugia di Meloni sul "testare" il consenso. Infatti, in altre occasioni aveva detto, più volte, che il suo consenso avrebbe dovuto esser misurato alla fine della legislatura: dopo 5 anni. Adesso ha cambiato idea? E nel caso in cui a giugno gli italiani avessero iniziato ad accorgersi delle fregature che gli sta dando e non la votassero, che farà? Se ne andrà? Figuriamoci.
Teatro di Roma:
"È stata nominata una persona, io neanche lo sapevo: l'ho appreso dal bailamme della sinistra che, per quanto so, ha un curriculum di ferro sul piano culturale e della competenza, non ha tessere di partito e qual è lo scandalo? Che non ha la tessera del Pd. Avviso ai naviganti: il mondo nel quale per le nomine pubbliche la tessera del Pd fa punteggio è finito: ci vanno le persone che hanno un merito indipendentemente dalla tessera che hanno deciso di sottoscrivere se ne hanno una".
I due poco attenti rappresentanti del (post) fascismo si sono però dimenticati di far sapere agli ascoltatori che lo scandalo della nomina riguarda il fatto che è avvenuta in una riunione "carbonara" approfittando dell'assenza di alcune delle persone deputate a decidere. E chi c'era a decidere? I (post) fascisti. Non una coincidenza quella delle nomine, che vede Meloni imporre qualsiasi soggetto in odore di (post) cameratismo alla guida della qualunque... foss'anche un condominio. È nel DNA dei fascisti, come ci ricordano le pagine di "Marcia su Roma e dintorni" di Emilio Lussu.
E come non chiudere con il capitolo privatizzazioni:
"Noi prevediamo nel documento economico di bilancio 20 miliardi in 3 anni [dalle privatizzazioni], un lavoro che si può fare con serietà come lo immagino io: possiamo cedere alcune quote di società pubbliche senza compromettere il controllo pubblico, e su alcune società interamente di proprietà dello Stato possiamo cedere quote di minoranza a dei privati. [Tipo Ferrovie?] Sì anche, è uno dei dossier sul tavolo. Lo Stato mantiene sempre il controllo quando il controllo è fondamentale".
In pratica, Meloni vuol raccattar soldi vendendo una parte dei beni di famiglia, rinunciando poi agli utili che i pacchetti azionari dello Stato garantiscono. È questo il metodo con cui la premier pensa di incentivare l'economia del Paese!