"Il presidente dell'Ucraina Volodymyr Zelenskyy ha avuto una conversazione telefonica con il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump. I due leader hanno discusso le possibilità di raggiungere la pace, la volontà di lavorare insieme per raggiungere questo obiettivo a livello di team, così come le capacità tecnologiche dell'Ucraina, tra cui droni e altre produzioni moderne. Volodymyr Zelenskyy ha ringraziato il presidente Trump per il suo interesse in ciò che possono realizzare insieme. Inoltre, le parti si sono concentrate sui risultati dell'incontro tra il Presidente dell'Ucraina e il Segretario del Tesoro degli Stati Uniti, Scott Bessent, insieme alla preparazione di un nuovo accordo sulla cooperazione in materia di sicurezza, economia e risorse. Donald Trump ha informato la sua controparte sui dettagli della sua telefonata con Vladimir Putin.Il Presidente dell'Ucraina e il Presidente degli Stati Uniti hanno coordinato misure congiunte per fermare l'aggressione russa e garantire una pace affidabile e duratura; hanno inoltre concordato di proseguire i loro contatti e incontri".
Questo è quanto l'ufficio della presidenza ucraina ha ufficialmente comunicato a seguito della conversazione telefonica tra Putin e Trump e delle dichiarazioni a commento di Russia e Stati Uniti sui contenuti del colloquio.
Quanto accaduto ieri, che è riassumibile eufemisticamente in un ridimensionamento delle aspirazioni di Kiev che rende oltretutto inutile il sacrificio di centinaia di migliaia di ucraini, rischia ulteriormente di minare l'influenza diplomatica degli Stati Uniti, sollevando perplessità e dubbi tra gli alleati con cui non ha avuto colloqui preventivi.
Trump ha parlato con Putin e poi con Zelenskyy, dichiarando successivamente di aver avviato i negoziati di pace con la Russia. Poco prima, a Bruxelles, il Segretario alla Difesa USA, Pete Hegseth, aveva detto agli alleati NATO che un ritorno ai confini ucraini pre-2014 (prima dell'annessione russa della Crimea) è da considerarsi "irrealistico", escludendo inoltre l'adesione di Kiev alla NATO e la presenza militare statunitense in Ucraina.
La logica riflessione conseguente, che può fare chiunque senza dover essere etichettato come esperto, è molto semplice: perché regalare a Putin territori e neutralità prima ancora di sedersi al tavolo dei negoziati?
La Russia, che controlla il 20% del territorio ucraino, insiste sulla cessione delle aree occupate e sulla neutralità perpetua di Kiev. L'Ucraina, invece, chiede il ritiro totale delle truppe russe e garanzie di sicurezza, incluso l'ingresso nella NATO. Mentre Putin si dichiara aperto ai colloqui, ma determinato a raggiungere la "smilitarizzazione" del Paese. Adesso, l'amministrazione Trump sembra voler abbandonare del tutto la linea di Biden, che includeva sanzioni, aiuti militari miliardari e sostegno (simbolico) all'ingresso di Kiev nella NATO.
In tutto questo, il Cremlino ieri ha annunciato un possibile viaggio di Trump a Mosca, una scelta che, se confermata, rafforzerebbe politicamente Putin, su cui pende un mandato di arresto della Corte Penale Internazionale per crimini in Ucraina, al tempo salutato con entusiasmo dal Congresso USA. Il summit, se si realizzasse, sarebbe rivenduto dalla propaganda di Mosca come una vittoria.
Che se ne rnda conto o meno, Trump si trova a navigare tra la promessa di una pace rapida e il pericolo di benedire le conquiste russe. Se da un lato un disimpegno potrebbe alleggerire il peso economico e militare su Washington, dall'altro rischia di minare la credibilità occidentale e incentivare future aggressioni.
Infine, oltre a sminuire la Conferenza di Monaco sulla Sicurezza prevista per il fine settimana, il neo presidente americano ha pure ridicolizzato il ruolo dell'Unione europea, così come quello dei leader degli Stati Ue a lui vicini, a partire da quelli dei partiti sovranisti di Italia e Polonia, che si sono spesi per una politica intransigente nei confronti di Mosca.