Il presidente di Confindustria, Vincenzo Boccia, venerdì era in Sardegna alla convention Euromed del Gruppo Grimaldi. Probabilmente, per Boccia era il primo appuntamento pubblico dopo l'approvazione del nuovo Codice Antitimafia e per tale motivo ha dato fiato al suo malcontento per quanto prodotto dal Parlamento.

«Con il nuovo Codice Antimafia si equipara l’attività degli imprenditori a quella dei delinquenti», questo ha detto Boccia in merito al nuovo provvedimento.

È sicuramente interessante, raffrontare la sua dichiarazione con quella della Cgil promotrice dell'iniziativa che ha portato all'adeguamento del codice, rilasciata dal segretario confederale Giuseppa Massafra ai microfoni di RadioArticolo1: «È un grande successo, perché finalmente si riesce a fornire gran parte di quegli strumenti da tempo invocati per far sì che il contrasto alle mafie e alla corruzione possa davvero essere esigibile nel nostro paese in termini legislativi.»

Ma Boccia la pensa diversamente. Secondo lui, «l’impostazione del nuovo codice è un errore madornale che abbiamo denunciato a voce alta e non da soli... anche Raffaele Cantone, anche Sabino Cassese sono andati su questa linea. A questo servono i corpi intermedi, a far sentire in frangenti del genere la voce degli interessi autentici del Paese.»

L'argomento di cui Boccia si rammarica è il sequestro e la confisca dei beni anche a coloro che si macchiano di reati di corruzione e prima che il giudizio passi in giudicato.

Per la CGil «è un fatto inedito, un fondamentale cambio di paradigma nella cultura giuridica – afferma ancora Massafra –. In sostanza, viene riconosciuto il fatto che la corruzione è un fenomeno animato, e che anima, il potere criminale. La corruzione, infatti, è lo strumento attraverso il quale le mafie hanno costruito il proprio radicamento nei territori e condizionato le scelte politiche.

Questa correlazione ci dice che la corruzione deve essere trattata esattamente come un fenomeno mafioso. È la presa di coscienza di come le mafie stanno cambiando la propria impostazione: sempre meno coppola e lupara, sempre più finanza e sistemi economici.»

Del tutto opposto il parere di Boccia: «Il punto di rottura si genera tra la realtà dei fatti e una visione della società anomala, in cui non si capisce cos’è un’impresa. Un imprenditore vive di reputazione, se lo rovini con la cultura del sospetto e della prevenzione non è che poi, quando lo riammetti al consesso sociale senza macchia, lo riabiliti in pieno, ormai lo hai comunque distrutto.»

Ma secondo la Cgil i problemi sono altri: «Ora abbiamo un'impalcatura più solida per far funzionare le procedure. Quando andavamo nelle aziende confiscate incontravamo la disperazione di lavoratori che, loro malgrado, si ritrovavano coinvolti in una situazione paradossale.

L'obiettivo è dunque continuare a produrre nella società civile – sempre in base alle parole di Massafra – con un livello di consapevolezza che ci metta nelle condizioni di poter governare questi fenomeni. Avere la certezza dell'applicazione delle norme appena varate permetterà allo stato di riaffermare la propria supremazia su tutto ciò che invece tende a mortificare e a bloccare il paese.»

Per il presidente di Confindustria, invece, invece il nuovo Codice Antimafia crea solo ulteriori danni al sistema produttivo del Paese: «Dover essere eroi per fare l’imprenditore non ci piace. Viviamo un paradosso, siamo il secondo Paese industriale d’Europa, eppure respiriamo una delle più forti culture antindustriali del mondo, e solo 30% degli italiani sa che siamo secondo paese industriale d’Europa! Gli imprenditori li fai scappare se li fai sentire disprezzati.

Il presidente francese Macron vuole che la Francia diventi il secondo Paese industriale d’Europa, cioè vuole superarci... E anziché reagire c’è qualcuno che tifa per questa retrocessione alla terza posizione.

A volte si seguono eccessivamente i sondaggi e la pancia del Paese, prescindendo dagli interessi reali. In campagna elettorale il rischio è che si cavalchi troppo questa emotività rischiando di danneggiare gli interessi collettivi reali.»