L’inferno dopo la domenica” è il secondo lavoro discografico come solista di Samuele Ghidotti, già autore e frontman dei Venua, che vede la luce il 12 ottobre 2018. Registrato tra un’officina dismessa, il Basella Wood Studio di Bergamo e il T.U.P. Studio di Brescia, sotto la guida di Lorenzo Caperchi, il disco conta otto brani che raccontano di amori spezzati, di quei piccoli gesti che compongono la nostra realtà, della mediocrità umana, dei sogni, delle frustranti disillusioni.

Un album denso, volutamente crudo e sincero che tocca temi universalmente “umani” attraverso liriche taglienti e melodie tanto pacate ed evocative, quanto ruvide ed alienanti.

Ma, dopo un decalogo di sfortunati eventi e un elogio all’amore (presenti nella traccia “Un tranquillo weekend di paura”) Samuele Ghidotti chiude questo altalenare di emozioni con la traccia “In un mondo che vi giuro esploderà”, in cui la domanda “Tu, come fai a dar peso alle cose che tanto son cose che tanto poi fuggono?” è un invito a pensare che forse si dovrebbe prendere tutto più alla leggera. Sta ad ognuno di noi prenderne spunto, e trovare la propria via di fuga.

“L’inferno dopo la domenica è un album volutamente crudo e sincero, nato dalla determinazione di voler scrivere canzoni universalmente umane e fuori dal tempo” – racconta Samuele Ghidotti – “E’ un disco che si spiega da sé ma i cui concetti all’inizio non sono cosi immediati da cogliere.

Quando finisci di ascoltarlo vorresti lasciare il tuo lavoro di merda, dopo i tanti “partirò, per strade che non avrei fatto mai, da solo me ne andrò”, come citato nella traccia omonima dell’album, e partire veramente.

E’ un album denso i cui personaggi sono il tuo vicino di casa, il tuo dentista, la commessa del supermercato, tuo cugino, che dice di non trovare lavoro perché non ce n’è, ma che in realtà un lavoro non l’ha mai cercato, o persino te, che “ti passa il venerdì, il sabato e la domenica a fare il divo in discoteca al tavolo (con) le coppe di champagne” ma tanto poi starai lì “a bere il brodo in settimana”, come ci insegna la prima traccia (C’era Una Volta).

Ho voluto raccontare il lento ed inesorabile scorrere delle nostre esistenze che si intrecciano tra loro, e creano ciò che siamo abituati a chiamare Vita. Con tutti i suoi pregi ed i suoi difetti”.

 

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