Mercoledì 15 giugno, sulla Terrazza Biblioteca del Villino Corsini in Roma, tra fotografie, filmati, documenti e tanti ricordi, ma con lo sguardo rivolto al futuro si è parlato del Sessantotto attraverso la musica con Gianni Ferrara Mazzucco. Il tutto per ricordare la Woodstock italiana cinquanta anni dopo e a cura di Roma BPA. Nel 2018 è stato pubblicato per i tipi di Drakon Edizioni, Pescara, il volume dal titolo “Maledetto ’68: il Sessantotto attraverso la musica”. Il volume, molto ben documentato, intende riportare la memoria al Sessantotto, ai famosi anni Sessanta e Settanta, alla contestazione studentesca e al ruolo importante avuto dalla musica che sovente determinò comportamenti e mutamenti politici e socio-culturali. 

Ferrara Mazzucco è compositore e direttore d’orchesta, consulente musicale della RAI,  e si immerge, con cognizione di causa, in un viaggio per scoprire e riscoprire, attraverso il racconto storico e la musica le emozioni e la memoria di quegli anni distanti ormai mezzo secolo. Anzi, secondo l’autore fu proprio la musica a fare la vera rivoluzione: canzoni per i diritti civili, contro la guerra, canzoni per la pace con le voci di Woody Guthrie, Pete Seeger, Joan Baez, Bob Dylan.

Film eccezionali come Fragole e Sangue e Zabriskie Point furono seguiti oltre che per la bellezza delle storie narrate, per le loro colonne musicali che divennero la colonna sonora, il Leitmotiv di quel periodo. Pink Floyd, Led Zeppelin, Rolling Stones possono essere considerati protagonisti che stravolsero il panorama sociale, culturale e sociale a livello planetario.

Il Sessantotto seguiva una linea di pensiero in cui la definizione dell’arte era quella che auspicava “poesia, letteratura e musica per tutti”, puntando l’attenzione sulle realtà sociali, investendo le proprie teorie socialiste e comuniste per trasmettere la cultura e coniugando tutta l’avanguardia artistica con la politica rivoluzionaria.

Il testi politici e gli scritti di Karl Marx si univano agli scritti di Sartre, Camus, Marcuse, Adorno e a tutti gli autori di sinistra, mentre sulle piazze scoppiava la guerriglia urbana.

E la musica costituiva l’onda portante di tutto, il collante che racchiudeva tutto il vissuto di quella generazione ed era il “vero” movimento rivoluzionario in grado di stravolgere tutto aggregando tutti.

Attraverso le pagine di questa ricerca ci si rende conto che la canzone e la musica sono stati, come anche in altri momenti storici,  un manifesto, un modo diretto per esprimere la voglia di rivolta dovuta a un disagio. La canzone era una sorta di manifesto che anticipava la liturgia degli eventi di piazza. 

L’autore scrive a proposito del suo studio: «Comunque, l’epicentro rimane la ricerca sull’uomo e sulle sue trasformazioni avvenute nella società delle diverse epoche che andremo a toccare, allo scopo di comprenderne la genesi storico-culturale, anche allargando alle riflessioni filosofiche che,  nelle varie situazioni di capovolgimento del pensiero, hanno dato impulso ai cambiamenti del mondo culturale e nell’ambiente musicale come insieme di momenti esistenziali. Questo cercare e ricercare la storia, e la loro storia in quanto uomini, ci porterà a comprendere quelle immagini sbiadite dal tempo, che apparentemente sembrano non appartenerci più in questo nostro Duemila pieno di ipod, iphone e ipad».