Tra una passeggiata ad Amatrice e una maglietta di Totti, Gentiloni e Trudeau hanno festeggiato l'adesione dell'Italia all’accordo sul Ceta (Comprehensive Economic and Trade Agreement) per regolare gli scambi commerciali tra l'Unione europea e il Canada.

Il governo italiano ha aderito al Ceta nella più assoluta inconsapevolezza dell'opinione pubblica, tenuta all'oscuro di quanto stava avvenendo. Alle categorie di settore, però, l'accordo non è passato inosservato.

Una delegazione della Cgil, guidata da Susanna Camusso, insieme a quelle di Coldiretti, Arci, Adusbef, Movimento Consumatori, Legambiente, Greenpeace, Slow Food, Federconsumatori e FairWatch, è stata ricevuta lunedì scorso dalla Presidente della Camera Laura Boldrini.

Queste associazioni, unitariamente, hanno espresso contrarietà alla ratifica dell’accordo, sottolineando "l’impatto economico, sociale e ambientale che il CETA potrà avere sul nostro Paese, perché in nome della libertà di commercio verrebbero peggiorati gli standard oggi vigenti in Europa in materia di diritti dei lavoratori, sicurezza alimentare, rispetto dell'ambiente e servizi pubblici."

Dura la presa di posizione della Cgil, espresssa con le parole del segretario generale Susanna Camusso che, nella seguente dichiarazione, ha indicatole criticità del sistema.

«Gli accordi di libero scambio devono rispondere ai bisogni e ai diritti dei cittadini e non solo alle pressioni delle lobbies economico-finanziarie e devono essere effettivamente posti al servizio di obiettivi prioritari quali l’occupazione di qualità, i diritti umani, la coesione sociale e lo sviluppo sostenibile.

Il governo della globalizzazione può incontrare il consenso dei lavoratori solo se sarà capace di esercitare la sovranità per stabilire regole a protezione dei cittadini e dei loro diritti, se difenderà in modo intransigente gli standard e le preferenze collettive, e se difenderà effettivamente il primato dei pubblici poteri rispetto alle forze di mercato. Occorre, quindi, usare la politica commerciale per promuovere una convergenza verso l'alto di regole e diritti, combattendo anche con sanzioni ogni forma di dumping a partire da quello sociale sulle condizioni di lavoro e salariali.

Il sistema di standard, di diritti del lavoro, di acquisizioni contrattuali, di regole di produzione e di protezione della qualità e dell’ambiente e di accesso universale ai servizi pubblici e di interesse generale, a partire dall'educazione e dalla sanità, con il CETA saranno invece subordinati all'unico criterio cogente della facilitazione commerciale. Inoltre il CETA promuoverà una sfrenata privatizzazione dei servizi pubblici e inaccettabili meccanismi di arbitrato a esclusiva disposizione degli investitori esteri e delle grandi multinazionali a danno delle piccole imprese nazionali e della parità di tutti di fronte alla legge.

Il CETA non soddisfa obiettivi e esigenze di trasparenza e pertanto non è e non può diventare un modello di riferimento per la prossima generazione di accordi. Inoltre i vantaggi attesi in termini di crescita degli scambi e dell'occupazione sono dubbi o assai limitati e non giustificano i rischi insiti nell'accordo sottoposto alla ratifica.»