L'Inail, in occasione del 1 maggio, ha rilasciato un comunicato stampa in cui fa un quadro dell'andamento degli infortuni sul lavoro nel 2015.
Le denunce di infortunio sul lavoro nel 2015 sono state 632.665, registrando così una flessione del 3,9% rispetto alle 658.514 del 2014.

Questo risultato comprende però un dato in controdenza e certo di non poco conto. Riguarda i casi di infortuni che hanno registrato la morte di lavoratori. Nel 2015 ci sono stati 1.172 morti sul lavoro a fronte dei 1.009 registrati nel 2014, con un aumento pari al 16%.
Il dato è a dir poco sorprendente perché inverte drasticamente una tendenza positiva che aveva fatto registrare nel quinquennio 2010-2014 una diminuzione del 24.2% delle denunce di infortunio con esito mortale.

Va ricordato che l’Inail precisa che i dati del 2015 si riferiscono a denunce oggetto di procedimenti istruttori ancora in corso e, dunque, da considerare di carattere provvisorio, dovendo ancora accertare quali e quanti di questi casi debbano essere realmente ricondotti a cause di lavoro. Comunque, il dato non è da sottovalutare.

Nel frattempo, le denunce di infortunio con esito mortale nei primi tre mesi del 2016 sono state 176, con un calo del 14,6% rispetto all’analogo periodo del 2015.

Ciò che nel comunicato l'Inail non riporta è la causa di questa inversione di tendenza relativa alle morti sul lavoro. Evidentemente, non è compito dell'Inail fare congetture, ma una dato di tale importanza meriterebbe più attenzione e maggiori riflessione anche per poter intervenire nel risolvere l'eventuale problema che possa esserne stata la causa.

Nel 2015 l'evento più importante relativo al mondo del lavoro è stato l'introduzione della riforma voluta dal Governo Renzi, il cosiddetto Jobs Act. In base a quanto comunicato dallo stesso Governo, l'aumento del numero di occupati intorno alle 400.000 unità può aver inciso in maniera negativa sul numero degli infortuni rispetto al periodo precedente in cui, invece, il numero degli occupati era in calo. Questa ipotesi, però, parrebbe smentita dal dato che vede, nel 2015, una diminuzione delle denunce di infortunio sul lavoro rispetto al 2014.

L'altra possibilità, che ha sempre un valore di congettura, è che il nuovo contratto di lavoro imposto da Renzi, diminuendo drasticamente i diritti dei lavoratori, aumenti di conseguenza le possibilità che le condizioni di lavoro possano esser tali da aumentare i fattori di rischio.

Facciamo un esempio. Un lavoratore assunto con un nuovo contratto a tempo indeterminato sarà, di fatto, un lavoratore in prova per i successivi tre anni. In tale periodo, il lavoratore, per vedere confermato il proprio contratto in un vero contratto a tempo indeterminato, cercherà di compiacere la propria azienda non iscrivendosi ad alcun sindacato, accettando orari di lavoro più lunghi e non remunerati ed incarichi anche rischiosi, anche pur non avendo un'adeguarta esperienza.

E' un'ipotesi irrealistica? Da un punto di vista logico, no. Ed in questa ipotesi rientrerebbe pure la spiegazione della flessione del numero di denunce relative agli infortuni in netto contrasto con quella dei casi mortali, con i lavoratori che, per non creare problemi all'azienda, eviterebbero, nei casi meno gravi, di denunciare qualsiasi tipo di infortunio.

Ma queste sono ipotesi. Però è corretto riternerle, se non valide, almeno plausibili fintantoché una spiegazione ufficiale da parte dell'Inail o del ministero del Lavoro non sia in grado di smentirle.