Salvini si compiace delle dichiarazioni di sostegno ricevute dagli alleati "politici" Berlusconi e Meloni dopo la notizia che la Procura di Agrigento lo ha indagato per sequestro di persona. Dichiarazioni che hanno fatto seguito alle parole di sostegno dell'altro alleato, però di "governo", Luigi Di Maio.

Il ministro dell'Interno ha detto anche che non si lascerà intimidire, ringraziando il procuratore di Agrigento per la sua iniziativa, definita un "boomerang" (anche se non è ben chiaro per chi), da cui "verranno tante cose positive".

Matteo Salvini, inoltre, ha dichiarato che non chiederà al Parlamento di dire no all’autorizzazione a procedere: "Se il Tribunale dirà che devo essere processato andrò davanti ai magistrati a spiegare che non sono un sequestratore. Voglio proprio vedere come va a finire".

Inoltre, ricordando che comunque non si sta pensando ad un'uscita dall'Europa e dall'euro, in relazione ai rapporti con i Paesi dell'Unione il ministro dell'Interno ha aggiunto anche che quelli "si sono dimostrati totalmente assenti, sordi, menefreghisti, ma poiché lo fanno con i soldi degli italiani, e la cosa ci dà molto fastidio, bene ha fatto Conte ad annunciare che quando avranno bisogno di noi, li ripagheremo con la stessa moneta".

E non senza ironia, su tale argomento ha ricordato, con il seguente post Facebook, che anche Matteo Renzi era sulla stessa identica linea politica dell'attuale governo.


Infine, qualche dettaglio sulle motivazioni che hanno portato i vertici del Viminale ad essere indagati dalla procura di Agrigento.

Secondo le ricostruzioni di alcuni quotidiani, il ministero avrebbe trattenuto i migranti sulla Diciotti senza mettere per iscritto alcuna decisione e alcuna comunicazione al riguardo. In base alla ricostruzione fatta dal procuratore di Agrigento, il ministro dell’Interno Salvini avrebbe impartito a voce al capo di gabinetto Matteo Piantedosi l'ordine di non far sbarcare i migranti dalla nave della Guardia Costiera.

La descrizione di quanto accaduto è racchiusa in un fascisolo all'attenzione della procura di Palermo che avrà 15 giorni di tempo per valutarne il contenuto e trasferirlo al tribunale dei ministri che, a sua volta, entro 90 giorni dovrà decidere se aprire o meno un'istruttoria.

Se per il Viminale l'aver agito in base a delle sole telefonate, senza che sia stato redatto alcun atto ufficiale, non sarebbe un problema, per la Procura di Agrigento tale modo di agire avrebbe fatto sì che non venissero rispettati gli articoli 10ter e 40 del "testo unico sull’immigrazione", relativi ai diritti dei migranti di ricevere assistenza, informazioni sulla procedura di protezione internazionale e di essere trasferiti nei centri di accoglienza.

Tutte procedure che hanno poi avuto luogo, sebbene ciò sia avvenuto con dieci giorni di ritardo.