La decisione di Mario Venuti di non denunciare un episodio di violenza, solleva le coscienze della collettività
In questi giorni leggo di un calcio violentemente sferzato al petto del cantante Mario Venuti. L'episodio avviene in un giardino pubblico a Catania, mentre Venuti porta a spasso il suo cane, subisce questa inaspettata violenza solo per aver chiesto al padrone dei due pitbull aggressivi, se ha almeno assicurato i cani.
Leggo inoltre una notizia sulla giornalista palermitana Rossella Puccio, alla quale viene bruciata l'auto in segno di minaccia; così come è inquietante il recente video di una telecamera di una stazione di servizio di Napoli che riprende un ragazzo con lo scooter mentre fa benzina. Viene aggredito da due minorenni armati, ma il giovane si oppone al furto dello scooter, così i due gli sparano ferendolo gravemente e si dileguano nel buio della notte.
Racconto anche la mia storia. Cinque anni fa in provincia di Catania, in un caldo mattino di inizio estate, venni picchiata da una donna, una specie di selvaggia con la patente di guida. Dopo avermi inseguito sul marciapiede, a più riprese mi ha schiaffeggiato dentro una tabaccheria dove avevo chiesto aiuto, per poi stendermi all'interno di un supermercato con un pugno alla mandibola. Motivo? Le avevo chiesto di spostare la sua auto parcheggiata in mezzo alla strada, causa di blocco generale del traffico cittadino. Sono finita in ospedale senza gravi lesioni (che fortuna!) , ma come me, in quella calda estate del 2018, un altro giornalista di nazionalità tedesca era stato massacrato di botte a Palermo e ridotto in fin di vita. Per aver rimproverato madre e figlio alla guida di un auto che ignorava l'area pedonale.
L'elenco di episodi simili è lunghissimo, da anni viviamo in un clima di prepotenze e vessazioni dove chi osa citare la legge o semplicemente contraddire la libera iniziativa di chi se ne frega dell' "altro", rischia la vita.
Il cantante Mario Venuti ha deciso di non denunciare in caserma l'accaduto, ha spiegato pubblicamente le sue motivazioni come non voler perdere tempo e la paura di possibili ritorsioni all'interno del quartiere. Tuttavia ha deciso di rendere manifesto quanto aveva subito attraverso i social ed i giornali, realizzando di fatto una doppia denuncia: la prima nei confronti di chi ha commesso il reato e la seconda nei confronti di organi/istituzioni che avrebbero dovuto tutelare.
Sottolineare la sfiducia è una una mossa acuta che solleva le coscienze della collettività.
La sottoscritta, che nel 2018 aveva invece querelato l'aggressione, ha percorso un calvario processuale durato ben 4 anni, durante il quale l'imputata non si è degnata neppure di presentarsi mezza volta davanti al giudice di pace per giustificarsi, ha voltato le spalle di fronte a qualsiasi proposta di riappacificazione e risarcimento (non ha voluto neppure pagare il danno della mia collana distrutta dalle sue mani), ed in lei, ovviamente, ha vinto la protervia. Non contenta di quanto era stato deciso in primo grado, ovvero una semplice sanzione pecuniaria in aggiunta alle spese processuali a suo carico, ha chiesto un secondo giudizio in appello....
Mentre per la giornalista palermitana si apriranno le inchieste per l'incendio della sua auto e che il cielo l'accompagni in questo iter!, a Palermo è già uscito di prigione chi ha pestato il reporter della stampa tedesca ed io mi auguro che il malcapitato di passaggio in Sicilia, in questo frangente passeggi lungo i viali di Bonn o di Monaco di Baviera, lontano dalle vendette trasversali. Ombre pesanti, temute dalle vittime che, per senso civico o comune educazione, hanno osato sfidare i prepotenti. Poichè il rimprovero è già un oltraggio all'orgoglio personale. Che non ammette nè leggi nè regole, soprattutto se ricordate da comuni cittadini Chen ai loro occhi, diventano "sbirri" pericolosi. Si vabbè, ma i veri sbirri dove sono? E soprattutto, la macchina della giustizia con tutto il suo cigolare di meccanismi rotti e arruginiti, fatto di questure, caserme, prefetture, tribunali, etc., è ancora riconosciuto come una un luogo di protezione, un posto dove chiedere aiuto?
I casi sopradescritti, compreso il mio, sono avvenuti in Sicilia, terra difficile come del resto le grandi città del sud, ma ritengo - e non lo scrivo per campanilismo - che anche altre regioni non siano esenti da violenza ed episodi di questo tipo, basti pensare al bullismo che imperversa nelle fasce dei minori, ai femminicidi, a quanto accade sulle metropolitane...
Nelle relazioni collettive le atmosfere sono pesanti come il piombo, si va in cerca di guerra ed ogni occasione è presa al volo per impugnare le armi e colpire, le reazioni sono spropositate, spesso provengono da persone con forti squilibri mentali o soggetti con dipendenze come alcol e droghe, personaggi che ritengono di doversi "fare rispettare".
Ogni piccolo monito verbale è interpretato come un torto o una sfida, allo stesso modo la belva più forte si afferma sui simili come "capobranco".
Si avverte anche una specie di energia compressa che esplode in ogni occasione, anche la più banale.
Forse è il caso, come scrive Gesualdo Bufalino, di indossare scarpe con "suole di vento" e di non correre mai alcun rischio di impatto frontale laddove si avverte il pericolo , anche se il tuo senso civico insieme al tuo spirito prova ribrezzo e sconcerto di fronte alla bestialità dei bipedi, così lontana dai meravigliosi esseri a quattrozampe...