Il 29 febbraio, nel giorno più raro di tutti, l'appuntamento con le 8mila patologie sinora censite
Gli Stati Uniti celebrano il "Rare Diseases Day attraverso le iniziative dell’Organizzazione Nazionale per le Malattie Rare (NORD) che rappresenta gli oltre 30 milioni di americani - uno su 10 - che vivono con una malattia rara. Il loro slogan è: #ShowYourStripes. La zebra, infatti, è sempre stata la mascotte ufficiale dei malati rari e indossare qualcosa a strisce è un modo per aumentare consapevolezza. L’associazione invita, quindi, a scattare una foto del look a strisce e a condividerla sui social media con gli hastag #ShowYourStripes e #RareDiseaseDay.
Il Rare Diseases Day, Giornata delle Malattie Rare, è un appuntamento che riguarda anche l'Italia, come ha spiegato Marco Silano, Direttore del CNMR (Centro Nazionale Malattie Rare), presso l'Istituto Superiore di Sanità:
"Esistono tante Giornate mondiali che ricordano e spronano alla lotta di altrettante malattie, e per molte di queste le date scelte non sono casuali, ma mai come nel caso delle malattie rare, la data si sposa perfettamente col concetto che le definisce: il 29 febbraio è infatti il giorno più raro, tanto da capitare ogni quattro anni, e da costringere ad anticipare la celebrazione al giorno prima quando l’anno non è bisestile. Era, appunto, il 29 febbraio del 2008 quando i pazienti, riuniti sotto l’ombrello di Eurordis (l’Organizzazione europea delle malattie rare) e in Italia sotto quello di Uniamo, ‘inventavano’ la prima Giornata delle Malattie Rare. Io, che sono parte di questo mondo relativamente da poco - da quando nel 2022 ho assunto la carica di Direttore facente funzione del Centro Nazionale Malattie Rare (CNMR) dell’ISS -, all’epoca mi occupavo prevalentemente di celiachia, patologia auto-infiammatoria scatenata da un’intolleranza permanente al glutine, annoverata tra le malattie rare fino al 2018 per passare poi nella lista di quelle croniche. Nel 2023, continuando a guidare il CNMR, sono giunto a dirigere anche il Dipartimento delle malattie cardiovascolari, dismetaboliche e dell’invecchiamento (MACA), un complesso di condizioni solo apparentemente distanti da quello delle patologie rare, se non altro perché queste ultime sono, nella maggior parte dei casi, ad esordio infanto-giovanile. Infatti, a ben guardare, i due ambiti non sono così estranei: non solo perché molti dei problemi cardiovascolari e del metabolismo si ritrovano nel novero delle complicanze e dei sintomi di alcune malattie rare – e ciò non stupisce dal momento che parliamo di sette-otto mila patologie – ma soprattutto per il carattere di “cronicità” che, come un fil rouge, attraversa e lega queste condizioni, permeando anche tutto ciò che ne consegue in termini di complessità e gestione del quotidiano. Al CNMR, nato proprio nel 2008 (anno del primo Rare Disease Day) e cresciuto grazie al lavoro appassionato e competente di chi mi ha preceduto, la Dott.ssa Domenica Taruscio, ho trovato colleghe e colleghi a servizio - un servizio anche questo competente e generoso - dei pazienti: dalle professioniste del Telefono Verde ai ricercatori attivi sul controllo di qualità dei test genetici, da chi lavora al Registro nazionale delle malattie rare a chi cura la Rete delle malattie non diagnosticate fino alle numerose attività del laboratorio di Health Humanities. In una serie di attività che rispecchia il variegato contesto di vita delle persone con malattia rara che, al pari di ognuno di noi, nutrono legittime aspirazioni e progetti di vita. Aspirazioni e battaglie che si sono evolute nel tempo, di Giornata in Giornata, fino a questa 17esima edizione, e che riguardano non più solamente l’accesso - sacrosanto e ancora carente purtroppo - a diagnosi precoci e a trattamenti mirati, ma anche il diritto all’inclusione, alla partecipazione piena ed equa, su basi di pari opportunità, alla vita di tutti i giorni, in tutte le sfaccettature e possibilità consentite dalla malattia. I gruppi di pazienti sono diventati associazioni e queste “comunità”, i cui rappresentanti oggi siedono, come interlocutori necessari e co-decisori, ai tavoli istituzionali. E ottengono tanto. Solo per citare alcune pietre miliari: nel 2000 viene promulgata la legge europea sui medicinali orfani per incentivare ricerca, sviluppo, innovazione e commercializzazione di nuovi trattamenti; nel 2017 nascono le 24 Reti di riferimento europee, che collegano professionisti e centri di competenza di diversi Paesi; nel 2021 arriva la prima Risoluzione delle Nazioni Unite che riconosce, e ‘impone’ all’ordine del giorno delle agende di tutti o quasi i paesi del mondo, la necessità di promuovere e proteggere i diritti di tutti, compresi i 300 milioni di persone che si stima nel mondo vivano con una patologia rara. L’Italia non è davvero la cenerentola dal momento che possiamo vantare vere e proprie conquiste di civiltà: dalla Rete nazionale malattie rare istituita col Decreto ministeriale 279/2001 alla Legge167/2016 sullo Screening Neonatale Esteso (SNE) che pone il nostro Paese all’avanguardia in Europa; dalla Legge 175/2021 conosciuta come Testo Unico delle malattie rare fino alla recente approvazione del Piano Nazionale Malattie Rare 2023-2026. Traguardi importanti in cui, mi piace sottolinearlo, il nostro Istituto ha sempre svolto un ruolo di primo piano: la legge sullo SNE, infatti, istituisce all’Istituto il Centro di Coordinamento degli Screening per monitorarne l’accesso e l’uniformità sul territorio nazionale, mentre il Testo Unico e il Piano nazionale prevedono il rafforzamento di tutte le attività del Centro. Il Rare Disease Day 2024, dunque, ci ricorda che la direzione è tracciata, che la barra va tenuta dritta verso una società più attenta a chi vive con una malattia rara. Una società che può compiersi solo ascoltando gli stessi pazienti e chi sperimenta con loro le difficoltà della vita, una società da realizzare in sinergia, come spesso già avviene, con le associazioni".
Immagine: il simbolo della Giornata mondiale della Malattire Rare