Tra le varie biografie, il festival bolognese quest’anno ha scelto anche un’opera che ci racconta una diversa accoglienza ai migranti nei loro spostamenti di confine ed anche una diversa Europa.

 

Il Biografilm Festival di Bologna ha anche quest’anno rispettato il suo nome interessandosi ad aspetti della vita di persone che sono diventate famose loro malgrado. Persone comuni, persone al di fuori delle statistiche generali (o forse generiche), persone che non si sono impegnate per apparire su uno schermo, ma solo per vivere una vita che si possa considerare degna.

Persone che sono state intercettate da filmaker abili e sensibili ad entrare in sintonia con i loro soggetti così da rendere le azioni di questi traducibili nel linguaggio delle immagini.

Mentre una parte di opinione pubblica appare schierata con il nostro nuovo governo (e più o meno con gli altri dell’Unione Europea, quindi) che cerca di impedire attivamente l’accoglienza a persone in cerca di una vita migliore in Europa, il regista francese Michel Toesca, attraverso i 96 minuti di “Libre” ci descrive, e ci ricorda, che c'è un’altra parte di pubblico, disposta a sfidare la legge per garantire “esistenza” a chi chiede non più di un posto in cui esistere, senza essere cacciato.

Protagonista di questa storia è Cédric Herrou, un quasi quarantenne con le spalle un po’ spioventi, la testa alta e gli occhi penetranti la cui vita, all’apparenza pacifica, di agricoltore della Val Roia (in quella Francia che c’è oltre Ventimiglia, un tempo Italia) viene investita da migranti che dal nostro paese cercano rifugio oltreconfine passando per i monti.

Il senso che pare arrivare da “Libre” è proprio questo: Cédric raccoglieva olive, allevava galline in una serenità che nessuna scelta new age, nessuna protesta verso un lavoro che non c’è sembrava giustificare; Cèdric aveva scelto di vivere la sua vita in pace con la vita stessa. Ma, ad un certo punto, è proprio questa che sembra avergli chiesto un favore. La vita di altri, la vita di persone che hanno lasciato tutto e che, percorrendo i sentieri alpini si ritrovano senza bussola e senza cibo a casa sua. Che fare a questo punto?

“Esseri umani sperduti” così sembrano definirli sia lui che altre figure che volontariamente portano assistenza ai migranti. E di fronte a questi Cédric apre le porte della propria casa, condivide ciò che ha e comincia ad interessarsi attivamente (e, nel suo significato più aulico, politicamente) alla loro condizione.

Li aspetta in punti del percorso montano che conosce come strategici per far loro passare il confine e li trasporta verso casa sua; li assiste, o meglio, cerca di far avere loro un minimo di assistenza legale (per essere riconosciuti come richiedenti asilo); li conforta; ma soprattutto, dà loro una dignità di esseri umani e non di oggetti politici.

Per queste azioni verrà denunciato, processato ma, pur trovandosi in una situazione molto più grande di lui, non si scoraggia e, da anarchico quale si definisce (forse anche poco convinto delle etichette), segue quell’unica strada che non gli fa paura, l’aiuto a persone che gli chiedono aiuto.

“Non è vero che l’Europa non può mantenere queste persone; io in casa mia potrei mantenerne fino a 8”, dice ad un certo punto del racconto per sottolineare il gioco politico che c’è al di sotto di questo problema sociale. “Queste persone” (parlando di una mamma col suo bambino) “avrebbero la legittimità di rimanere sul suolo francese, se gli lasciassimo il diritto di fare domanda d’asilo”.

Ma in quel momento gli ospiti passati sono già più di cento, tra cui vari bambini, che non si sa mai come gestire. E qualsiasi discussione politica deve lasciare il posto ad azioni concrete da intraprendere per non abbandonare chi ha bisogno.

Il regista Michel Toesca, che talvolta appare da dietro le quinte con alcune domande od osservazioni, usa il cinema del reale come struttura cinematografica seguendo le vicende di Cédric passo passo, vivendo gli spostamenti dei migranti, la vita di casa ed il suo occhio partecipe riesce a diventare il nostro occhio. Il montaggio sembra assecondare semplicemente gli eventi temporali ma, come chi si occupa di questo tipo di racconto documentario sa bene, la scelta di questo linguaggio richiede non solo di essere presente nel posto giusto al momento giusto, ma soprattutto di esserci, di assorbire, di seguire gli eventi senza giudicare; oltre che di eseguire una fine scelta delle scene che le faccia dialogare l’una con l’altra per avere un film che comunichi attraverso le sue immagini più che mediante i suoi attori.

La storia è drammatica in alcuni momenti e ciò, assieme ai sorrisi e ai musi duri delle persone che compaiono, qualunque sia il loro ruolo, ci porta al contatto con le loro vite, le loro quotidianità, proprio come si richiede al cinema del reale.

Michel Toesca è bravo in questo e nonostante la vicenda sia anche potenzialmente raccontabile in meno scene, non si ripete mai, per tutta la durata del film.

“Libre” è stato presentato all’ultima edizione di Festival di Cannes e lo aspettiamo presto in Italia, speriamo con una buona distribuzione.

Per ora ringraziamo il Biografilm Festival e tutti i suoi organizzatori che, come con altre pellicole, ci fanno spesso conoscere altre vite, altri impegni sociali, altri punti di vista non sempre raccontati dai mainstream.

 

Corrado Selva