PSICOTRAPPOLE

Spesso le strategie che applichiamo per risolvere o fronteggiare i problemi diventano delle vere e proprie trappole mentali che bloccano e imprigionano i pensieri. 

Perché? Perché le estendiamo a tutte le situazioni difficili trasformandole, così, in schemi rigidi e limitanti che diventano essi stessi il problema da risolvere, il malessere da superare.


COSA SONO GLI SCHEMI MENTALI?

Gli schemi mentali sono dei veri e propri principi organizzativi, dei modelli, delle “mappe” che ci permettono di interpretare la realtà e risolvere in modo veloce ed efficace i problemi della vita quotidiana. Insomma, rappresentano un indispensabile meccanismo per la riduzione del dispendio di energie da parte del nostro cervello. Anche se non ce ne rendiamo conto, in realtà, applichiamo costantemente i nostri schemi mentali e lo facciamo in modo contestuale e diversificato. Per capire meglio, immaginiamo di dover fare un colloquio di lavoro; il nostro outfit per l’incontro non sarà lo stesso che avremmo utilizzato per andare a fare jogging, così come il nostro atteggiamento nei confronti del datore di lavoro non sarà lo stesso usato con una amica intima durante una chiacchierata al bar. Questo perché, durante il nostro colloquio di lavoro, stiamo applicando uno schema mentale ( e quindi anche un comportamento) differente: lo “schema colloquio di lavoro” sicuramente più formale e rigido rispetto allo “schema caffè con un’amica” in cui il linguaggio, la gestualità ed i comportamenti sono certamente meno influenzati dal timore di un giudizio negativo.

Dunque, gli schemi mentali sono dei meccanismi inconsapevoli, necessari alla mente per dare un senso, un significato alla realtà e capire come comportarci.

Tuttavia, ATTENZIONE! La mente, talvolta, ci inganna e, in modo automatico utilizza vecchi schemi mentali in situazioni nuove, basandosi sul fatto che il vecchio schema si sia rivelato efficace e risolutivo in una situazione passata. Ma, appunto, la situazione era un’altra!


COME FA LA MENTE AD INGANNARCI?

Partiamo dal presupposto che le mante è pigra e va allenta. Essa lavora per automatismi, per cui se un vecchio schema (comportamento/atteggiamento/linguaggio) utilizzato in passato ha dato un feedback positivo e quindi ci ha permesso di risolvere una situazione problematica, allora tenderemo a riproporlo anche in una nuova situazione (magari completamente diversa).

Facciamo degli esempi:

Situazione 1: Se essere autoritari e rigidi nell’educare la mia primogenita Sofia ha funzionato per far rispettare le regole di casa allora proporrò lo stesso “schema educativo” anche alla mia secondogenita Diana (schema vincente non si cambia!). Ma Sofia e Diana sono due bambine diverse! Sofia è più posata e ligia al dovere, Diana ha un temperamento più difficile ed oppositivo.

Cosa accade in questi casi? Beh se continuiamo ad utilizzare il vecchio schema dell’educazione autoritaria anche con la secondogenita Diana probabilmente non avremo lo stesso risultato positivo; Infatti, Diana si oppone alle regole rigide e vive male il contesto familiare. Quindi, cosa fare? È necessario cambiare o, quantomeno, modificare il vecchio schema proprio perché si è dimostrato poco efficace e addirittura disfunzionale nella nuova situazione. 

Situazione 2: Immaginiamo una mamma che vede il suo bambino di 2 anni salire su una sedia girevole. Gli dice di scendere, ma il bambino continua ad arrampicarsi così gli va vicino e lo mette giù. Dopo cinque minuti si ripete la stessa scena e nuovamente la mamma lo rimprovera e lo fa scendere dalla sedia ma, non passano pochi minuti che il bambino è di nuovo in piedi sulla sedia soddisfatto. A questo punto, la mamma, stanca, alza il tono della voce e lo rimprovera dicendo: “ Ora basta!! sono mille volte che ti dico di non salire sulla sedia!” 

Avete notato qualcosa? 

Già! La mamma ha usato sempre lo stesso schema e, pura accorgendosi di questa reiterazione inefficace (“sono mille volte che ti dico di non salire sulla sedia!”) non è riuscita a modificarlo. Avrebbe potuto spostare la sedia in un altra stanza o proporre al bambino un gioco più accattivante insomma avrebbe potuto cambiare schema ma non lo ha fatto. Perché? Cosa è successo? 

La mamma è caduta in una psicotrappola e nello specifico una psicotrappola legata al comportamento poiché ha continuato ad applicare sempre lo stesso schema d’azione.

Ma le psicotrappole sono molte e diverse e possono essere legate a pensieri, emozioni o comportamenti come nel caso della mamma dell’esempio precedente. 

Ognuna di esse, se estremizzata e reiterata (ovvero se non riusciamo a sganciarci dal vecchio schema, se non lo modifichiamo o sostituiamo con uno maggiormente efficace e funzionale) può portare ad un profondo malessere o addirittura all’insorgere di una vera e propria psicopatologia. Pensiamo, ad esempio, all’intelligenza o alla capacità di ragionamento che, naturalmente, viene considerata una caratteristica positiva; tuttavia, se non è orientata e gestita nel modo adeguato può trasformarsi in ossessione o dubbio patologico.

Vediamo insieme alcune psicotrappole che, con alta probabilità, abbiamo sperimentato in molti.


Le aspettative: spesso rimaniamo delusi o stupiti dai comportamenti o dalle parole delle altre persone semplicemente a causa delle nostre aspettative; ci aspettiamo che gli altri facciano esattamente quello che avremmo fatto noi al loro posto. Per sciogliere la psicotrappola delle aspettative è necessario essere più flessibili cercando di assumere la prospettiva dell’altro e sganciarci dalla convinzione (un tantino egoistica) che il nostro punto di vista sia il migliore in assoluto.

L’evitamento: è la psicotrappola tipica del comportamento fobico per cui evitiamo una situazione che ci spaventa o che percepiamo come pericolosa rinforzando l’idea, disfunzionale, secondo cui non siamo in grado di fronteggiare quella data circostanza o di fare quella determinata cosa. In tal caso, per evadere da questa pericolosa trappola mentale il segreto è EVITARE DI EVITARE!

Il rimandare: è simile alla trappola dell’evitamento ma più sottile ed elaborata poiché ci convinciamo che non stiamo evitando o rinunciando a quella determinata cosa ma, semplicemente, abbiamo scelto di posticipare. Geniale! Peccato che a lungo andare l’utilizzo di questa strategia ingannevole danneggi la nostra capacità di prendere decisioni.

Il delegare gli altri: è una delle trappole mentali più pericolose proprio perché il fatto che gli altri accettino di fare qualcosa al nostro posto ci da due messaggi discordanti che arrivano, in modo inconsapevole, ad influenzare il nostro pensiero e i nostri comportamenti. Il primo messaggio più immediato e positivo è “ti aiuto perché ti voglio bene”; il secondo messaggio, più subdolo e con effetti a lungo termine è “ti aiuto perché da solo non ce la fai”. Dunque, a lungo andare, la nostra autoefficacia e la nostra autostima vengono lese in quanto rivediamo nell’aiuto degli altri la nostra incapacità di agire da soli.

Ovviamente le psicotrappole che ci creiamo sono molteplici e diverse ma il grande problema che le accomuna è legato al fatto che esiste una forte resistenza ad abbandonare i propri schemi mentali in quanto, seppur dannosi, rappresentano una certezza! Tuttavia, quando il malessere diventa sempre più invalidante ci rendiamo conto che è il momento di cambiare, di chiedere aiuto e di costruire nuove strategie. È il momento di rivolgersi a professionisti della salute mentale per ritrovare il giusto equilibrio e sciogliere gli schemi rigidi intraprendendo un percorso di cambiamento e rinascita affiancati da terapeuti esperti che ci permetteranno, finalmente, di trovare gli strumenti più adeguati per spezzare le catene e uscire dalle nostre psicotrappole.

“Non possiamo pretendere che le cose cambino se continuiamo a fare le stesse cose”.
Albert Einstein