In Europa, una persona su sei convive con un disturbo mentale. Una su tre, però, non riceve cure adeguate. E per chi è affetto da psicosi, il quadro è ancora più drammatico: il 25% non ha accesso a nessun tipo di trattamento formale. Sono cifre da allarme rosso, aggravate da un suicidio ogni quattro minuti, con i giovani tra i 15 e i 29 anni in cima alle statistiche di morte evitabile. È un’epidemia silenziosa, trascurata per troppo tempo.
La risposta politica: 31 Paesi firmano la Dichiarazione di Parigi
Il 17 giugno, a Parigi, è stato siglato un patto tra 31 Paesi sotto l’egida dell’Organizzazione Mondiale della Sanità e del Ministero della Salute francese: la salute mentale deve diventare una priorità in tutte le politiche pubbliche. Non solo sanità, quindi, ma anche scuola, giustizia, urbanistica, cultura. L’obiettivo è ambizioso e, per una volta, si parla chiaro: il benessere psicologico deve essere integrato in ogni decisione politica, senza più scuse.
Pandemia, solitudine e social media: un mix esplosivo
I dati emersi durante la conferenza sono un pugno nello stomaco. L’ansia e la depressione sono esplose con la pandemia, aumentando del 25% a livello globale. Gli adolescenti sono in trincea: più dell’11% ha comportamenti problematici legati ai social, una ragazza su quattro di 15 anni si sente sola “quasi sempre”. E non va meglio per gli anziani: uno su quattro sopra i 60 anni vive nella solitudine. Nel frattempo, il personale specializzato in salute mentale è cronicamente insufficiente.
Basta frammentazione: serve una risposta trasversale
La vera novità della Dichiarazione di Parigi è il superamento dell’approccio settoriale. Alla conferenza non c’erano solo ministri della salute, ma anche rappresentanti dell’istruzione, della giustizia, dell’edilizia, delle politiche giovanili, insieme a persone con esperienza diretta di malattia mentale, accademici e attivisti. Per la prima volta, si è parlato di salute mentale come problema sistemico, che investe l’intera società.
Le proposte: concrete, ma serve volontà politica
Tra i punti chiave della Dichiarazione:
- allineamento tra responsabilità e risorse economiche;
- coinvolgimento attivo delle persone con disturbi mentali nella progettazione delle politiche;
- creazione di spazi pubblici che favoriscano l’inclusione sociale;
- prevenzione nelle scuole, nei luoghi di lavoro, nelle carceri, nei media e nei contesti urbani;
- promozione di un uso sicuro e consapevole del digitale, soprattutto tra i più giovani.
Parole forti, ora servono fatti
“Quando integriamo il benessere mentale in ogni decisione, accendiamo dignità, speranza e opportunità per tutti”, ha dichiarato Hans Kluge, direttore dell’OMS Europa. Ma ha anche lanciato un monito: la solitudine uccide in silenzio, e non possiamo più ignorarlo. La Francia, padrona di casa dell’evento, ha già annunciato che la salute mentale sarà la “Grande Causa” nazionale per il 2025. Il ministro Yannick Neuder ha detto chiaro che non ci sarà alcun progresso duraturo senza abbattere le barriere tra i settori.
La Dichiarazione di Parigi non può restare un bel documento da archiviare. È un invito ad agire, subito. La salute mentale non è un “tema sociale” o un “problema sanitario”: è il barometro del nostro stato civile, il riflesso della società che vogliamo costruire. E oggi l’Europa ha dato un segnale forte. Sta a noi, ora, trasformare l’ambizione in responsabilità. Le scuse sono finite.