La Covid-19 è "simile" ad un'epidemia influenzale. Sicuramente si diffonde allo stesso modo di un'influenza e pertanto il contagio, a meno di chiudere le persone in un'area circoscritta e lasciarle lì per qualche settimana, è inarrestabile. 

Una parte di coloro che sono contagiati, circa la metà delle persone, non sa neppure di esserlo. Il resto può avere necessità di assistenza ospedaliera. Però, tra i ricoverati, vi è un numero di pazienti che ha bisogno di essere messo in terapia intensiva perché l'aggressività del virus non gli consentirebbe di sopravvivere.

Pertanto, come si può capire, la Covid-19 si diffonde come un'influenza, per alcuni può essere curata come tale con della semplice tachipirina, mentre per un esiguo numero di contagiati sono necessarie cure particolari, perché le cure che si applicano in caso di influenza non sarebbero sufficienti.

Quant'è in percentuale il numero di pazienti in terapia intensiva sul totale dei contagiati? Al momento parrebbe essere poco al di sotto del 10%. Tradotto in numeri il totale, ieri, ammontava a circa 230 persone.

Di per sé è un numero risibile. Se però mettiamo assieme tutti i fattori, allora la situazione cambia.

In base ai tamponi effettuati ed in base a quanto dichiarano gli esperti - basti sentire le dichiarazioni di Maria Rita Gismondo, che a Milano dirige il laboratorio di microbiologia clinica dell'ospedale Luigi Sacco - il contagio da Covid-19 è da considerarsi un'epidemia... e non solo in Italia! 

Quindi, non essendo possibile arginare un'epidemia influenzale, è possibile solo limitarla con misure di prevenzione. Nel caso tali misure non venissero adottate, il numero di contagi da Covid-19 aumenterebbe e gli ospedali non avrebbero personale e strutture necessarie per i ricoveri in terapia intensiva, che riguarderebbero non solo i malati gravi a causa del coronavirus, ma anche quei malati che, in condizioni normali,  richiedono ricoveri d'urgenza.

Sulla base di questa logica, l'Italia ha adottato nei confronti della Covid-19 misure di prevenzione che altri Stati si sono ben guardati dall'attuare, per evitare che lo stato di emergenza impattasse sulla loro immagine e sulla loro economia. Tra qualche giorno, il numero dei contagi negli altri Paesi europei raggiungerà quello del nostro.

In Italia, nel frattempo, preso atto - senza dirlo chiaramente all'opinione pubblica, per ovvi motivi di panico - che il contagio è un'epidemia, gli esperti nominati dal governo per gestire la crisi hanno suggerito nuove restrizioni che saranno comunicate nelle prossime ore.

Tra le prime anticipazioni fornite dai media, vi è la chiusura totale delle scuole di ogni ordine e grado in tutta Italia almeno fino a marzo. Stessa sorte, forse anche fino alla fine di marzo, per eventi pubblici di qualsiasi tipo. Probabilmente sarà escluso il calcio, ma le partite potranno essere disputate solo a porte chiuse. Sarà consigliato anche alle persone più a rischio di non uscire di casa e alle altre di evitare contatti, a partire dalla semplice stretta di mano.

In pratica, non appena il governo deciderà di pubblicare le nuove direttive, tutta l'Italia si troverà in una sorta di quarantena fino alla fine di marzo.