Uno squadrone Stryker di circa 1.000 soldati in servizio a Vilseck, in Germania, è stato inviato in Romania, mentre circa 1.700 militari appartenenti principalmente all'82a divisione aviotrasportata, da Fort Bragg, nella Carolina del Nord, sono stati dislocati in Polonia, mentre altri 300, sempre da Fort Bragg, sono destinati ad andare in Germania. 

Il pentagono inoltre, su ordine del presidente Biden, è pronto ad inviare nell'Europa dell'Est altri 8.500 soldati.

Questa è la prima risposta concreta da parte degli Stati Uniti alle truppe che la Russia sta ammassando ai confini dell'Ucraina: a est nel Donbas dove i ribelli sostenuti da Mosca controllano già vaste aree di territorio, a sud in Crimea, e a nord in Bielorussia, dove secondo il segretario generale della Nato Jens Stoltenberg i russi hanno dislocato circa 30.000 soldati, il più grande dispiegamento nel paese dalla fine della Guerra Fredda.

Il tutto è finalizzato ad una possibile invasione dell'Ucraina per riportare il Paese sotto il controllo di Mosca, adesso non garantito dall'attuale governo in carica che guarda all'Europa e alla Nato.

Come è stata commentata da Mosca l'invio di soldati americani in Paesi confinanti con l'Ucraina? Il viceministro degli Esteri Alexander Grushko l'ha definito un passo "distruttivo" e "ingiustificato", aggiungendo che farà piacere a Kiev. Il Pentagono ha precisato che i circa tremila soldati americani schierati in queste ore non saranno impiegati direttamente in Ucraina, ma assicureranno comunque la difesa degli alleati di Washington.

In Romani è presente una stazione Aegis (di difesa missilistica terrestre) realizzata dagli Stati Uniti, che la Russia ha definito una minaccia alla propria  sicurezza sin da quando, nel 2016, è divenuta operativa.

Il significato dell'iniziativa di Biden è abbastanza evidente: l'America fa capire di non voler arretrare di fronte alle minacce della Russia, ma allo stesso tempo è comunque disposta a trovare una soluzione diplomatica alla crisi. Da vedere se la Russia riterrà di non doversi preoccupare delle conseguenze già ampiamente minacciate di un'invasione dell'Ucraina.

E se ci sarà un'invasione, questa non potrà avvenire che prima che le temperature inizino a salire, perché ciò trasformerebbe il terreno in fanghiglia per lo scioglimento della neve, impedendo l'avanzata dei mezzi, soprattutto corazzati. Quindi, se la Russia dovesse decidere di invadere l'Ucraina, a logica, lo potrebbe fare entro le prossime due, al massimo tre, settimane.