Nel periodo 2012-2022 in Italia sono sparite oltre 99mila attività di commercio al dettaglio e 16mila imprese di commercio ambulante, mentre sono aumentati gli alberghi, i bar e i ristoranti (+10.275). Inoltre, nello stesso lasso di tempo, la presenza straniera nel commercio è aumentata (+44mila imprese e +107mila occupati), mentre le attività e gli occupati italiani sono diminuiti, rispettivamente -138mila e -148mila.

Nelle 120 città medio-grandi, la riduzione di attività commerciali e la crescita dell'offerta turistica sono maggiori nei centri storici rispetto al resto del comune. Nel Sud, c'è una maggiore vivacità commerciale rispetto al Centro-Nord.

All'interno dei centri storici, il tessuto commerciale sta cambiando, con una diminuzione dei negozi di beni tradizionali e un aumento di servizi e tecnologia, attività di alloggio e ristorazione. Ciò comporta il rischio di desertificazione commerciale delle città, dove la densità commerciale è diminuita del 20% negli ultimi 10 anni, anche se l'omnicanalità può rappresentare un'opportunità per il commercio tradizionale.

Per evitare gli effetti più gravi della desertificazione commerciale, è importante puntare sull'efficienza, la produttività, l'innovazione e una ridefinizione dell'offerta nel commercio di prossimità.

Questo è ciò che emerge dall'ultima analisi dell'Ufficio Studi Confcommercio sulla demografia d'impresa nelle città italiane, in collaborazione con il Centro Studi delle Camere di Commercio Guglielmo Tagliacarne, un quadro a cui bisogna aggiungere anche l'impatto generato dalla grande distribuzione e dalle vendite on line.

Il presidente di Confcommercio, Sangalli, ha commentato così i risultati dell'analisi: "La desertificazione commerciale non riguarda solo le imprese, ma la società nel suo complesso perché significa meno servizi, vivibilità e sicurezza. Occorre accelerare la riqualificazione urbana con un utilizzo più ampio e selettivo dei fondi europei del PNRR e il coinvolgimento delle parti sociali".


Crediti immagine: Confcommercio