La politica trova un periodo di pre-riscaldamento prima della ripresa di settembre, con il meeting di Rimini. Tra le proposte più singolari finora messe in campo durante l'evento, da segnalare quella relativa al lavoro per i giovani, con quello che addirittura è stato definito un Piano Marshall.
Fino a qualche giorno fa il Jobs Act funzionava a meraviglia ed era indicata come una grande riforma. Adesso però il governo, tramite il ministro deputato, quello del Lavoro, ci fa sapere - durante un suo intervento al Meeting dell'Amicizia - che è necessario un nuovo piano del lavoro per assumere i giovani.
Un piano del lavoro basato sull'ennesima decontribuzione limitata all'assunzione di persone che non abbiano superato i 29 anni di età, oltretutto blindata da una clausola anti-licenziamento perché, dice il ministro del Lavoro Poletti, «dobbiamo assolutamente evitare che ci siano comportamenti furbeschi che cerchino di utilizzare in qualche modo le norme».
Ricapitoliamo. Tre anni fa è stata varata una riforma del lavoro presentata come rivoluzionaria, ma che, alla fine dei conti, basava le assunzioni sulla decontribuzione per tre anni per i nuovi assunti con un contratto permanente (che permette al datore di lavoro il licenziamento senza spiegazione alcuna entro i primi tre anni), valido non solo per i nuovi assunti ma anche per quei lavoratori cui veniva trasformato un contratto di lavoro in essere stipulato a tempo determinato.
Adesso, già per quei lavoratori assunti a partire da gennaio 2015, a fine 2017 potrebbe scattare il licenziamento, sia perché la decontribuzione finisce, sia perché il loro contratto da permanente diventerebbe a tempo indeterminato. Quindi, coloro che erano stati assunti trasformando il contratto da tempo determinato a tempo permanente perché la decontribuzione era conveniente, adesso potrebbero correre il rischio di venire licenziati in massa, per evitare che le aziende si trovino a dover pagare stipendi e contributi troppo onerosi rispetto a dei contratti a tempo determinato.
Guardando i fatti da questa angolazione, ecco che comincia ad avere anche una sua logica il nuovo piano del lavoro prospettato da Poletti.
Nel suo intervento al meeting di Rimini, il ministro Poletti annuncia a partire dal prossimo anno un nuovo piano del lavoro per i "giovani" fino a 29 anni (Europa permettendo, visto che il termine giovane a Bruxelles può essere utilizzato fino a 25 anni di età) che prevede l'ennesima decontribuzione per chi assume, anche se, stavolta, il governo sembra aver scoperto la differenza tra contratti permanenti e contratti a tempo indeterminato.
Al di là di capire se questa iniziativa abbia o meno un termine temporale o debba essere considerata solo come ennesimo bonus, è evidente, con tutta l'ironia del caso, quanto sia stato efficace il Jobs Act per far riprendere il mercato dl lavoro.
Ma la vergogna e l'imbarazzo non albergano nel governo Gentiloni come neppure in quello precedente a guida Renzi. Non per questo ne è una banale fotocopia. Così adesso, come se tutto fosse normale, viene propagandato un pacchetto di agevolazioni alle assunzioni di giovani per creare 300mila posti di lavoro, già nel 2018. Costo dell'operazione, due miliardi.
E nel frullatore mediatico della propaganda odierna, è sufficiente tracciare il solco perché tutti poi partecipino all'aratura e alla semina di un'idea che all'opinione pubblica deve sembrare assolutamente normale. Quindi, nessuno che si domandi allora a che cosa sia servito il Jobs Act se per creare nuovi posti di lavoro per i giovani è necessaria una nuova riforma decontributiva.
Domanda inutile, sommersa dall'ulteriore propaganda di coloro che hanno raccolto il messaggio di Poletti. Così ecco solerte il presidente di Confindustria, Vincenzo Boccia, che afferma serio - anche lui dal palco di Rimini - che per "attivare 900mila posti di lavoro" per i giovani in Italia "occorre un’operazione da una decina di miliardi di euro".
A questo punto, tirando le somme, è lecito poter parlare di fallimento del Jobs Act? Sicuramnete, visto che il nuovo "Piano Marshall" servirà a riassumere tutti coloro che scaduti i termini della prima decontribuzione del Jobs Act verranno licenziati.