Rino Bianchi (Anagni1965) noto fotografo romano e storyteller è autore, assieme alla scrittrice Igiaba Scego del libro Roma negata che riprende la materia dell’oblio coloniale e la tematizza attraverso alcuni luoghi di Roma che portano le tracce di quel passato disconosciuto.
In ogni foto del libro insieme al monumento viene ritratta anche una persona appartenente a quell’Africa che l’Italia ha invaso e dimenticato.
Durante una passeggiata romana alla scoperta dei luoghi voluti a celebrazione del colonialismo italiano, prende vita la mia intervista.
L’Europa è nata sulle migrazioni, anche italiane, Rino Bianchi, cosa è cambiato oggi?
L’Europa non è più la stessa. È un dato di fatto, lo constatiamo ogni giorno. Quotidianamente leggiamo dell’approvazione di leggi, dell’applicazione di restrizioni, delle intenzioni di erigere muri.Ma il fatto grave è che in questo modo ci si chiude. Le migrazioni sono sempre esistite. L’uomo ha sempre migrato. Penso ad Esiodo, poeta greco, figlio di una coppia emigrata da Smirne(Oggi Turchia).Per uscire dall’impasse è necessario cambiare la narrazione. Bisogna reclamare il viaggio legale. Con l’introduzione di questo finirebbero anche gli sfruttamenti.
Rino Bianchi c’è la mancanza di attenzione dello Stato al processo di integrazione?
L’integrazione deve passare assolutamente attraverso la scuola. Se non c’è integrazione nascono i ghetti. E spesso i ghetti, diventano bombe incontrollabili. Ma se integriamo, avremo solo vantaggi. Abbiamo bisogno di nuovi cittadini.L’integrazione poggia sulla solidarietà, sull’accoglienza, sulla fratellanza. Ma è necessaria la presenza dello stato. È lo Stato che deve garantire certi processi.
A Bergamo, alla festa della Lega viene contestato duramente il Presidente Mattarella. Qual’è la sua opinione?
Un passaggio decisamente negativo quello di Bergamo dove si sono uditi fischi e altro al monito sarcastico di Salvini di ascoltare il discorso di fine anno del Presidente.Ebbene al di là della ignoranza che detta certi comportamenti e gesti :“Quando milioni di poveracci sono convinti che i propri problemi dipendano da chi sta peggio di loro, siamo di fronte al capolavoro delle classi dominanti”.Ecco partirei da questa citazione apparsa su un volantino appeso fuori da una bocciofila milanese. Con disarmante semplicità ci trasmette una grande verità.C’è chi ha volutamente alimentato la diffidenza nei confronti degli immigrati trasformandola in aperta ostilità e che coi toni truculenti nei loro confronti si è conquistato un posto privilegiato nella classe dirigente.Chi teme di essere derubato di una identità, in realtà non la possiede. O meglio ne è ignorante, non la conosce. Di conseguenza non è disposto a pagare il faticoso ma umanizzante prezzo del dialogo.
Ci globalizzeremo all’indifferenza?
Siamo già indifferenti. Ma c’è una piccola minoranza che resiste. Una minoranza che non abdica, che non si rassegna, una minoranza che conosce la storia e per questo porta avanti idee di accoglienza ed integrazione. Ma una piccola minoranza. Il problema è che la politica non guarda più al Ben Essere, ma alla paura. Incutere paura è il primo consiglio che molti spin doctor danno.