La Costituzione Italiana a gestione fascista
Si è presa l’abitudine di curare gli effetti senza individuarne le cause per questo i problemi non si risolvono anzi divengono dei morbi incurabili che strangolano lentamente la società civile e che hanno portato il paese sulla via della decadenza.
Manca totalmente la conoscenza di una corretta memoria della nostra storia dall’affermazione del fascismo fino alla fine del secondo conflitto mondiale e all’emanazione della nostra Costituzione.
Ancor più utile è conoscere i rapporti conflittuali tra gli alleati impegnati a liberare gradualmente i territori europei occupati dall’esercito del Terzo Reich. Pur avendo un nemico comune gli anglo-americani combattevano il nazismo separatamente dall’Unione Sovietica dimostrando che ognuno mirava ad acquisire dei territori ed aree di influenza già molto prima della caduta di Hitler.
Se si considera correttamente la situazione, la guerra fredda iniziò mentre Hitler era ancora vivo infatti gli alleati occidentali avevano già deciso di recuperare in qualche modo pezzi del sistema nazista e di quello fascista per reimpiegarli in funzione anticomunista. A tal scopo i servizi segreti inglesi salvarono dalla fucilazione il principe Julio Valerio Borghese, il comandante della X Mas. I servizi segreti americani fecero la stessa cosa con i molti criminali nazisti che finirono per essere successivamente reclutati dalla CIA. Prendiamo ad esempio il caso del generale Reinhard Gehlen che fu il capo della rete di spie naziste che operarono nell’Europa dell’est, si arrese agli americani poco prima della fine della guerra e fu inserito nell’Oss (che diverrà la CIA) insieme alla sua organizzazione portando in dote il suo preziosissimo archivio: questi nazisti stavano operando contro i sovietici per conto dell’amministrazione americana quando Stalin faceva ancora parte dell’alleanza antinazista. In quel momento il problema primario era sconfiggere il nazismo ma il contrasto tra le due parti era insito nelle concezioni dello Stato, dell’economia, della società. L’Italia rimase invischiata in queste manovre più della Germania in quanto vi era una forte componente comunista tra le fila dei partigiani che combatterono contro i nazifascisti con successo. In Italia la Resistenza non fu solo guerra di liberazione ma anche guerra civile perché vi erano italiani che addirittura militavano nelle truppe speciali naziste che si macchiarono di atroci eccidi e, allo stesso tempo, le forze che lottavano contro i nazifascisti erano divise perché avevano culture, ideali politici e visioni del mondo molto diverse se non addirittura contrapposte e inconciliabili tra loro. In particolare, in Italia la forte componente comunista conviveva con quelle monarchica, liberale, cattolica e azionista. Gli ideali antifascisti che guidarono la Resistenza in Italia e in Europa collidevano tra loro infatti vi era l’antifascismo antitotalitario che combatteva per riconquistare la libertà e aspirava ad instaurare nel Paese liberato un regime democratico; dall’altra parte vi era un antifascismo rivoluzionario che mirava ad una trasformazione traumatica e violenta dell’ordine sociale. Questo contrasto ha determinato il clima politico, culturale e sociale di tutto il ‘900 ed è tutt’ora presente, rendendo il nostro Paese un’anomalia.
All’interno del territorio nazionale la fase finale del conflitto mondiale fu combattuta contemporaneamente su due fronti, quello antinazifascista e quello anticomunista: gli anglo-americani manovrarono per impedire che l’insurrezione generale contro il fascismo si trasformasse in una guerra rivoluzionaria per il comunismo con la conseguenza di creare una situazione paradossale e destabilizzante del processo democratico del nostro Paese come emergerà dalla lettura degli eventi storici reali che accaddero in quel cruciale periodo.
Edgardo Sogno, un partigiano bianco, di fede monarchica, suggerì agli anglo-americani di affidare il comando della Resistenza ad un “moderato”, per questo fu scelto il generale Cadorna. Alla fine del 1944 il generale Alexander invitò le formazioni della Resistenza a sospendere le operazioni “su vasta scala” per evitare l’inasprimento del conflitto civile ed impedire che questo si potesse trasformare in un atto rivoluzionario che portasse al potere il comunismo.
Il 25 aprile gli uomini di Cadorna si erano già piazzati nei posti chiave dello stato, anticipando i capi comunisti. Addirittura si narra che Luigi Longo quando entrò nella sede del Comando a Milano vi trovò già insediato il colonello Faldella, di chiara fede fascista, che aveva combattuto con Franco in Spagna contro i comunisti.
La chiave di lettura degli ultimi ottant’anni di storia risiede nel periodo compreso tra il 1944 e 1948 infatti conoscendo la reale situazione in cui versava l’Italia in quel breve ma inteso periodo ci si può rendere conto della complessa situazione in cui doveva vivere la popolazione e come la nostra nascente democrazia era gravemente compromessa sin dall’inizio.
I gruppi partigiani che operavano soprattutto nell’Italia del nord e nel centro si dividevano in bianchi e rossi; gli alleati rifornivano i gruppi bianchi a discapito dei rossi, la maggioranza di questi ultimi hanno combattuto e sono morti per affermare un ideale di democrazia socialista; i bianchi sin dall’inizio rappresentavano la “destra” anticomunista del Paese.
L’armistizio non aveva fermato le operazioni militari dei gruppi partigiani che continuarono allo scopo di “regolare i conti”. Che clima vi era negli anni successivi al 25 aprile? Si consumarono vendette e operazioni di giustizia sommaria; avvennero omicidi politici e sequestri di persona con “processi” e condanne a morte: furono praticati dei veri propri atti di terrorismo a guerra ormai conclusa.
C’è da dire che, alla fine del conflitto, all’interno del PCI vi erano due fazioni: la dominante, a capo della quale vi era Togliatti, che rappresentava la linea antitotalitaria, libertaria e democratica e Pietro Secchia che aveva concepito la guerra contro il nazifascismo come una tappa di un processo rivoluzionario che doveva proseguire. Quest’ultimo, all’interno del partito, era in minoranza ma aveva molto seguito nella base.
Nell’estate del 1945 una sessantina di ex partigiani, iscritti al PCI, dettero vita ad un’organizzazione paramilitare denominata “Volante rossa” che aveva lo scopo di mantenere vivi gli ideali della Resistenza, non a caso gli uomini che la componevano erano vicini a Secchia, in breve tempo le Volanti si moltiplicarono sia nel nord che nel centro Italia destando preoccupazione negli alleati. Attraverso il fenomeno della “Volante rossa” si trova il nesso con il terrorismo delle “Brigate rosse” degli anni ’70. Dall’altro lato il terrorismo nero aveva radici nei gruppi dei partigiani bianchi.
Troppo è stato taciuto sia da una parte che dall’altra ma alla base di una democrazia incompiuta vi sono, come vedremo, gli interessi e le pesanti interferenze imposte dagli alleati ad una poco credibile classe politica che di democratico aveva solo il nome.
Sempre restando nel periodo successivo al 25 aprile, come mai i gruppi partigiani comunisti si riorganizzano?
I fascisti furono amnistiati e ritornarono nei loro paesi e nelle loro città indisturbati dove però era ancora vivo il ricordo dei loro abusi. Si parla di elementi che erano appartenuti all’esercito repubblichino, erano torturatori che avevano infierito sui prigionieri, si erano resi responsabili di deportazioni e di eccidi nei confronti di civili, anche di donne e bambini.
“Non solo tornavano a circolare liberamente, ma molti di loro venivano addirittura reintegrati negli apparati dello Stato in sostituzione dei quadri che erano stati nominati dal Cln (Comitato di liberazione nazionale). Questa è la verità! Gli antifascisti venivano espulsi dall’arma dei carabinieri, dalla polizia, dall’esercito, dalla magistratura e dalle prefetture, dagli uffici e dalle aziende. E al loro posto venivano piazzati uomini che avevano fatto carriera durante il ventennio e che durante la Repubblica di Salò avevano commesso crimini. Gli uomini che avevano combattuto dalla parte sbagliata e avevano perso, venivano di fatto premiati. Chi invece aveva lottato per la libertà rischiando la propria vita, veniva punito con il licenziamento e l’emarginazione. Agli occhi di molti partigiani era un’ingiustizia inaccettabile”.
Non solo agli occhi di molti partigiani ma agli occhi di tutti i cittadini onesti e democratici.
Purtroppo l’Italia non è mai stato un paese “normale” se lo fosse stato gli ex partigiani avrebbero riempito i ranghi dell’esercito, dei carabinieri, della polizia, della magistratura, della burocrazia statale, avrebbe costituito l’asse portante della democrazia appena venuta alla luce dopo secoli di oscurantismo.
La nostra è un’ottima Costituzione proprio perché nella costituente vi era una buona presenza del partito comunista che ha controbilanciato la destra ripulita ed imposta dagli alleati.
La conferenza di Yalta aveva diviso l’Europa in due aree di influenza, l’Italia rientrava nel blocco occidentale e, a differenza degli altri paesi, aveva un forte partito comunista nel suo interno. Gli alleati non potevano lasciare le istituzioni in mano ai comunisti perché temevano che avrebbero lasciato l’area occidentale a favore dell’Unione Sovietica inoltre i partiti democratici anticomunisti non disponevano di quadri sufficienti per coprire tutte le necessità perciò ricorsero a funzionari fascisti e repubblichini che oltre ad essere anticomunisti erano anche competenti (a loro dire). In nome di un anticomunismo radicale siamo ancora governati dal fascismo che ha portato il Paese alla deriva. La Costituzione è stata svuotata di ogni forza rinnovatrice dalle decisioni prese dagli alleati e dai suoi complici messi nei posti chiave dello Stato.
Attualmente abbiamo una Costituzione non più a guida anticomunista ma a guida antidemocratica.
È interessante continuare a ripercorrere la storia fino ala salita la trono di Berlusconi.