Nato nel 1969 a Maglie, provincia di Lecce, figlio dell’ex presidente democristiano della Regione Puglia, Salvatore Fitto, tragicamente scomparso negli anni 80 a causa di un incidente stradale, Raffaele Fitto forse ha il ruolo più delicato all’interno della compagine di governo, al pari di quello di Giancarlo Giorgetti all’economia. La delega al Pnnr, che la Meloni ha voluto affidargli, considerandolo come uno dei suoi fedelissimi, è certamente uno dei compiti più gravosi a cui il governo deve far fronte.

I tempi sono sempre più stretti e il rischio è quello di perdere parte degli oltre 220 miliardi concessi dall'Europa per il piano di ripresa e resilienza post Covid, Alcuni cantieri, come appunto certificato nei giorni scorsi dal ministero per gli affari regionali, sono in forte ritardo e il rischio è quello di perdere la prossima tranche da 19 miliardi di aiuti. L’allarme è stato lanciato anche dall’agenzia di rating Moody’s che una settimana fa in una nota sul nostro paese ha rimarcato i ritardi nella esecuzione dei progetti previsti per il piano di resilienza e ripresa.

L’esecuzione dei piani di investimento è in ritardo e la Nadef mostra che entro la fine del 2022 sarà stato speso meno dell’1% del Pil rispetto a un obiettivo iniziale dell’1,7%”, si legge nel report. Fitto nei giorni scorsi ha convocato una decina di ministri e i rispettivi staff per fare un punto sullo stato avanzamento lavori, ed ha messo la sua squadra di tecnici al lavoro per capire i motivi di questi ritardi e come agire per procedere più speditamente. Ecco che allora adesso occorrerà tutta l’arte diplomatica di Fitto, da tempo considerato una sorta di ambasciatore della meloni a Bruxelles, per arrivare ad un accordo con la commissione.

La scelta di Fitto agli Affari regionali con delega ai fondi del PNNR, è stata quindi ben ponderata dalla premier, ma non certo per mancanza di fiducia, ma solo per non rischiare di creare inutili frizioni nella maggioranza. Ma poi come solita fare, valutati i pro e i contro, ha ben pensato che i primi prevalessero nettamente sui secondi, stante, come detto, la sua preziosissima attività politica svolta a Bruxelles in questi anni dal suo fedelissimo. A cominciare proprio dal suo serrato e certosino lavorio diplomatico fatto per portare la Meloni ad essere eletta presidente del gruppo dell’Ecr nel 2020, un vero e proprio capolavoro suo e dell’allora capodelegazione del partito Carlo Fidanza, che ha permesso alla Meloni una visibilità a livello internazionale, fondamentale nella sua lunga corsa verso Palazzo Chigi. Ma anche nell'elezione della popolare Roberta Metsola a presidente del parlamento, la sua decisione di far convergere i voti dell’Ecr è stata decisiva.

Da buon ex democristiano tutti apprezzano le sue doti diplomatiche e la sua moderazione. I suoi ottimi contatti con il partito popolare hanno permesso un deciso riavvicinamento tra il suo gruppo dei conservatori con quello dei popolari, mai così in crisi di leadership e di linea politica. Il chiaro intento è quello di arrivare ad una alleanza di centrodestra in grado di raggiungere una ampia maggioranza al prossimo parlamento europeo. Anche nella ricomposizione delle tensioni tra Francia ed Italia, sorte per l' episodio della Ocean Viking, il suo lavoro sembra sia stato fondamentale, cosi come in quello di ammorbidire i toni della commissione verso il governo di centrodestra. Era perciò quasi naturale affidare a lui il ruolo di raccordo con l’Europa, che rimane uno dei capisaldi del governo per potere avere un pizzico di tranquillità e di libertà in più nella sua azione di governo.

Chi lo conosce bene sa che è un lavoratore instancabile e persegue i suoi principi ed obiettivi fino alla fine, costi quel che costi. Come dimostra la sua esperienza politica che non prevede troppi compromessi di fronte alle proprie convinzioni ed idee. Uomo di punta del partito delle libertà e pupillo di Berlusconi, non ha avuto la minima esitazione a sbattere la porta del Partito delle libertà in aperto contrasto con il patto del nazareno e con alcune scelte non condivise prese dai vertici del partito. Con Giorgia Meloni l’intesa è stata perfetta fin dall'inizio, fino ad entrare di diritto nella ristrettissima cerchia dei più fedeli consiglieri e collaboratori del presidente del consiglio.

A lui ora spetta il compito di raccordo tra Europa e governo, ma anche quello di cercare l’operazione di cambiare gli equilibri all’interno della Unione per cambiare le tante cose che non funzionano in un' Europa che pare sempre più spaesata e divisa  quasi su tutto.