La Reuters, in esclusiva, questa mattina ha reso noto che l'amministrazione Biden ha chiesto ad alcune delle nazioni tra le più grandi consumatrici di petrolio al mondo - tra cui Cina, India e Giappone - di considerare la possibilità di far ricorso alle scorte di greggio per coordinare uno sforzo comune finalizzato a calmierare i prezzi dell'energia a livello mondiale.

Una richiesta in parte spiegabile con quella fatta dagli Stati Uniti ai Paesi membri dell'Opec, a cui non è mai stato dato seguito, perché aumentassero la produzione di greggio.

Una notizia a cui va aggiunta anche quella diffusa ieri dal Guardian.

In base a quanto riportato dal quotidiano britannico, l'amministrazione Biden ha indetto un asta per la concessione dei diritti di trivellazioni da effettuare nel Golfo del Messico per l'estrazione di gas e petrolio in un'area che è grande due volte la Florida, oltre 320mila chilometri quadrati di mare.

Nello stesso bando l'amministrazione Biden ha anche affermato che quella che in pratica è la più grande vendita di leasing offshore nella storia degli Stati Uniti, non avrebbe effetti sul cambiamento climatico, nonostante si preveda, solo per quanto riguarda il petrolio, un aumento della produzione fino a 1,12 miliardi di barili.

C'è un comune denominatore tra le due notizie?  Sì, l'aumento alla pompa dei prezzi del carburante e quello relativo alle bollette legate al consumo di energie da parte di privati e aziende, che da Biden non è considerato un buon viatico in vista delle elezioni di medio termine ceh si terranno il prossimo anno, dove il partito democratico dovrà mantenere l'esigua maggioranza che, adesso, gli consente di controllare il Congresso.

L'altra considerazione riguarda il fatto che solo pochi giorni fa si è conclusa la COP26 dove le nazioni partecipanti, tra cui gli Stati Uniti, hanno promesso di limitare progressivamente l'uso di energia fossile e di bloccare, per tale motivo, il rilascio di nuove concessioni per le trivellazioni.