Dopo quella in materia civile e penale, il terzo pilastro delle riforme della giustizia diventa legge. Ne parliamo con il giurista Vincenzo Musacchio.


Dopo le minacce della Lega di non votarla senza modifiche cosa è accaduto?

Quello che accede di continuo in questo Governo e non solo da parte della Lega. Il modificate o non la votiamo è diventato la votiamo ma non ci piace.


In breve su cosa incide questa riforma?

In primis, sulla separazione delle carriere (rectius: funzioni) tra giudici e pubblici ministeri. Poi cambia la valutazione dei magistrati. Ci sarà una diversa assegnazione degli incarichi. Un diverso sistema elettorale del Csm. Il divieto di parlare con i giornalisti, anche solo per smentire una notizia.


Andiamo ora nel dettaglio cercando di essere meno tecnici possibile. Veniamo alla separazione delle carriere. Cosa cambia?

Nella giustizia penale, sarà possibile un solo passaggio tra la funzione requirente e quella giudicante. Attualmente sono possibili fino a quattro possibili passaggi di funzione. La scelta andrà fatta entro dieci anni dall’assegnazione della prima sede. Non ci sarà alcun limite, invece, per il passaggio al settore civile e viceversa, nonché per il passaggio alla Procura generale presso la Cassazione. La possibilità di un solo passaggio tra le due funzioni rasenta la separazione delle carriere, che prevedrebbe appunto l’impossibilità di passare da un ramo all’altro della magistratura penale. L’Associazione nazionale magistrati ha parlato di «elusione» dei precetti costituzionali, che prevedono una sola giurisdizione. Secondo i parlamentari di maggioranza, è invece giusto che il magistrato abbia la possibilità di approfondire l’esperienza nel settore dove è capitato con la prima nomina, e che possa però cambiare almeno una volta.

Composizione del CSM, cosa cambierà?

Innanzitutto la composizione: sarà composto di trentatré membri. Tre quelli di diritto: il Presidente della Repubblica; il primo Presidente di Cassazione; il Procuratore generale presso la Cassazione. Dieci i laici eletti dal Parlamento. Venti i togati: due in rappresentanza della Cassazione, cinque delle procure; tredici per la magistratura giudicante. I magistrati voteranno in sette collegi (uno per la Cassazione, due per la magistratura inquirente; quattro per la giudicante). In ciascun collegio si eleggeranno due componenti. Si prevede inoltre per i giudicanti una distribuzione proporzionale di cinque seggi a livello nazionale e per i requirenti il recupero di un miglior terzo. Per candidarsi non sono previste le liste; ciascun candidato presenta liberamente la propria candidatura individuale. Devono esserci un minimo di sei candidati. Se non arrivano candidature spontanee o non si garantisce la parità di genere, si integra con sorteggio.

Gli avvocati potranno giudicare i magistrati e non ci saranno più le cd. nomine a pacchetto?

Per gli incarichi direttivi e semi-direttivi, si decide in base all’ordine di arrivo delle scoperture. Si prevedono corsi di formazione per tutti, a cura della Scuola Superiore della Magistratura, sia prima di aver accesso alla funzione che dopo. Si rendono trasparenti le procedure di selezione, con pubblicazione sul sito Intranet del Csm di tutti i dati del procedimento e dei vari curricula, dando modo di partecipare alle scelte su direttivi e semidirettivi anche ai magistrati dell’ufficio del candidato. Si prevede l’obbligo di audizione di non meno di tre candidati per quel posto. Nell’ambito del Csm, si dovrà individuare un contenuto minimo di criteri di valutazione, per verificare tra l’altro anche le capacità organizzative. Quanto alle valutazioni di professionalità, nei Consigli giudiziari locali ci sarà anche il voto degli avvocati, ma esclusivamente a seguito di un deliberato del consiglio dell’ordine degli avvocati.

Sulla valutazione annuale dei magistrati invece cosa accadrà?

La legge che disciplinava prima la materia già prevedeva un fascicolo personale di ogni magistrato, previsto dal 2006. Attualmente, ad ogni valutazione di professionalità (cioè ogni 4 anni) il magistrato deve presentare al Consiglio giudiziario locale – e poi al Csm - provvedimenti a campione sulla propria attività svolta, e le statistiche relative alle attività proprie e comparate a quelle dell’ufficio di appartenenza. Il fascicolo andrà ora aggiornato annualmente, seguendo l’iter dei vari provvedimenti. Tra gli indicatori da tenere in considerazione da parte del Consiglio, gli eventuali segnali «di grave anomalia».

Ci sarà lo stop alle porte girevoli magistratura e politica?

La legge approvata prevede innanzitutto che non sarà più possibile esercitarli nello stesso tempo, nemmeno in distretti diversi. Per assumere l’incarico, il magistrato dovrà quindi collocarsi in aspettativa. Al termine del mandato elettivo, i magistrati non possono più tornare a svolgere una funzione giurisdizionale. Se si sono candidati ma non sono stati eletti, per tre anni non possono tornare a lavorare nella regione dove si sono candidati né in quella dove lavoravano, né potranno avere incarichi direttivi. Se hanno avuto incarichi apicali in organismi di governo per oltre dodici mesi (tipico il caso di capi di gabinetto), restano per ancora un anno fuori ruolo – ma non in posizioni apicali – e poi rientrano nella funzione d’origine, ma per i tre anni successivi non possono ricoprire incarichi direttivi.

Sui limiti territoriali per essere eletti in cariche politiche cosa cambierà?

La riforma ormai legge prevede nuovi limiti territoriali per essere eletti: per le cariche elettive nazionali, regionali, province autonome di Trento e Bolzano, Parlamento Europeo, come anche per gli incarichi di assessore e sottosegretario regionale, si prevede che i magistrati non siano eleggibili nella regione in cui è compreso, in tutto o in parte, l’ufficio giudiziario in cui hanno prestato servizio nei precedenti tre anni. Anche per le cariche di sindaco, consigliere o assessore comunale, il magistrato non potrà più candidarsi se presta servizio o ha prestato servizio nei tre anni precedenti la data di accettazione della candidatura presso sedi o uffici giudiziari con competenza ricadente in tutto o in parte nel territorio della provincia in cui è compreso il comune o nelle province limitrofe. Il principio è che non dev’esserci alcun sospetto di un retroscena politico nell’azione del magistrato sul territorio.

Divieto di parlare alla stampa, norma molto contestata, cosa cambierà?

Contestata soprattutto dai giornalisti. L’articolo 11 estende il rilievo disciplinare delle dichiarazioni agli organi di stampa introducendo un nuovo illecito disciplinare per quei magistrati che informano la stampa dei risultati dell'attività di indagine, anche solo per smentire una notizia sbagliata. Gli unici autorizzati a parlare con i giornalisti saranno i Procuratori della Repubblica, ma solo in conferenza stampa ed esclusivamente in casi di rilevanza pubblica.


Vincenzo Musacchio, criminologo forense, giurista e associato al Rutgers Institute on Anti-Corruption Studies (RIACS) di Newark (USA). Ricercatore dell’Alta Scuola di Studi Strategici sulla Criminalità Organizzata del Royal United Services Institute di Londra. Nella sua carriera è stato allievo di Giuliano Vassalli, amico e collaboratore di Antonino Caponnetto, magistrato italiano conosciuto per aver guidato il Pool antimafia con Falcone e Borsellino nella seconda metà degli anni ’80.