Ecco perché, nonostante Salvini dica il contrario, la questione Durigon non può non interessare Mario Draghi
Mentre lunedì era in visita al quartiere Casale Caletto, Municipio IV di Roma, un giornalista ha chiesto a Salvini se fosse preoccupato del silenzio di Mario Draghi sul caso Durigon.
"Mario Draghi l'ho sentito oggi per parlare di Afghanistan, salute e lavoro", ha detto Salvini, aggiungendo: "Non penso che abbia come sua priorità i parchi di Latina"."Con Claudio Durigon", ha poi proseguito il leader della Lega, "stiamo lavorando alla nuova riforma delle pensioni che interessa milioni di italiani. Poi la storia ha già condannato fascismo e comunismo. Quasi tutti gli estremismi tranne quelli islamici…".
Salvini continua a "fingere" di non aver sentito il sottosegretario Durigon, nonostante fosse sullo stesso palco a pochi metri di distanza, rivolgersi alla folla annunciando di voler intitolare - di nuovo - un parco di Latina intitolato a Falcone e Borsellino al fascista Arnaldo Mussolini, fratello di Benito Mussolini.
Nonostante l'estremista Matteo Salvini (la dimostrazione vivente che gli estremismi e gli estremisti in Italia sono ben presenti) voglia far credere che la questione Durigon, del quale molte forze politiche chiedono le dimissioni, sia cosa da nulla che non dovrebbe interessare Draghi, è probabile che si sbagli e non di poco, a meno che Draghi non pronunci parole a vuoto, tanto per fare... soprattutto in relazione a quanto da lui detto lo scorso 25 aprile in visita al Museo della Liberazione di via Tasso:
"Vi ringrazio per avermi invitato, ma soprattutto per questa visita molto commovente. Si vede la sofferenza quotidiana di un popolo inerme, senza libertà, senza cibo, nel terrore. Attraverso queste foto, questi manifesti, questi allarmi, queste minacce. In questa ricorrenza, vi ringrazio veramente. Questo è un luogo simbolo della nostra memoria nazionale. Via Tasso evoca, anche nei ricordi familiari, l'orrore dell'occupazione nazista, la ferocia delle dittature. Nel momento in cui anche i musei riaprono, mi auguro che, con le necessarie precauzioni, molti giovani abbiano l'opportunità di visitare queste stanze, di conoscere le storie di tanti combattenti per la libertà che qui sono stati torturati e uccisi, di capire fino in fondo il senso del loro sacrificio. E di comprendere che, senza il loro coraggio, oggi non avremmo le libertà e diritti di cui godiamo.Libertà e diritti che non sono conquistati per sempre e non sono barattabili con nulla. Sono più fragili di quanto non si pensi. Non dobbiamo rivolgerci soltanto ai giovani ma a tutti i nostri concittadini. Perché il dovere della memoria riguarda tutti. Nessuno escluso. Assistiamo oggi, spesso sgomenti, ai segni evidenti di una progressiva perdita della memoria collettiva dei fatti della Resistenza, sui valori della quale si fondono la Repubblica e la nostra Costituzione. E a troppi revisionismi riduttivi e fuorvianti. Ecco perché questa ricorrenza non deve invecchiare, non deve subire l'usura del tempo. Nel conoscere in profondità la storia di quegli anni, del fascismo e dell'occupazione nazista, saremo più consapevoli dell'importanza dei valori repubblicani e di come sia essenziale difenderli ogni giorno. Constatiamo inoltre, con preoccupazione, l'appannarsi dei confini che la Storia ha tracciato tra democrazie e regimi autoritari, qualche volta persino tra vittime e carnefici. Vediamo crescere il fascino perverso di autocrati e persecutori delle libertà civili, soprattutto quando si tratta di alimentare pregiudizi contro le minoranze etniche e religiose.Il linguaggio d'odio, che sfocia spesso nel razzismo e nell'antisemitismo, contiene sempre i germi di potenziali azioni violente. Non va tollerato. È una mala pianta che genera consenso per chi calpesta libertà e diritti - quasi fosse un vendicatore di torti subiti - ma diffonde soprattutto il veleno dell'indifferenza e dell'apatia. La senatrice Liliana Segre ha voluto che la scritta “Indifferenza” fosse messa all'ingresso del memoriale della Shoah di Milano per ricordarci che, insieme ai partigiani e combattenti per la libertà, vi furono molti che si voltarono dall'altra parte in cui - come dice lei - è più facile far finta di niente. Nell'onorare la memoria di chi lottò per la libertà dobbiamo anche ricordarci che non fummo tutti, noi italiani, “brava gente”. Dobbiamo ricordare che non scegliere è immorale per usare le parole di Artom. Significa far morire, un'altra volta, chi mostrò coraggio davanti agli occupanti e ai loro alleati e sacrificò se stesso per consentirci di vivere in un Paese democratico.Ma è nella ricostruzione del presente, di un presente in cui il ricordo serve a dirci quel che non vogliamo ripetere, che avviene la riconciliazione. È la ricostruzione basata sulla fratellanza, sulla solidarietà, sull'amore, sulla giustizia che porta alla riconciliazione. Queste stanze che un tempo videro orrori da domani vedranno visitatori - speriamo anche molti giovani visitatori - che vogliono conoscere la storia d'Italia. È per questo che sono molto contento di celebrare con voi la Festa della Liberazione in un luogo simbolo, sì del periodo più nero vissuto dalla nostra capitale, ma anche simbolo oggi della rinascita dell'Italia intera. Vi ringrazio".
Pertanto, visto che Draghi si preoccupa nel veder crescere il fascino perverso di autocrati e persecutori delle libertà civili, soprattutto quando alimentano pregiudizi contro le minoranze etniche e religiose e dell'appannarsi dei confini che la Storia ha tracciato tra democrazie e regimi autoritari, qualche volta persino tra vittime e carnefici, è chiaro che Salvini si sbaglia nel credere che la questione Durigon per Draghi non esista... a meno che Draghi non sia anch'egli uno dei tanti pagliacci che dicono frasi fatte tanto per fare!