Se si vive in un sistema in cui il denaro è necessario per far fronte alle esigenze di vita quotidiane, i soldi servono e si devono fare. Potremmo parlare di sistemi diversi, ma è come salire una scalinata: si possono vedere i gradini che stanno di fronte e descriverli con chiarezza e precisione, ma prima di arrivarci sarà sempre più comodo salire sul gradino successivo.

Allora diciamo pure che il denaro va bene, per ora. Ma fungendo in tal modo da risorsa servirebbe che tutti ne avessero a sufficienza per poter fronteggiare le normali esigenze dell’esistenza.

E’ quello il gradino successivo. Lì, il termine “povertà” (in accezione economica), non trova posto. Povertà che non va inquadrata in senso assoluto ed estremo (attualmente sarebbero circa 900 milioni, oltre il 10% della popolazione mondiale) ma in senso relativo di “vita dignitosa”. Sappiamo che molti, pur non essendo poveri in senso assoluto, sopravvivono con cifre infime; più che altro vegetano. Questa povertà raggiunge cifre da capogiro, stimando che circa il 65% della popolazione mondiale vanta una “ricchezza” da 0 a 10.000 dollari (media stimata su diverse fonti, dal 2011 a oggi, cfr: “Piramide della distribuzione della ricchezza mondiale”).

Il denaro attualmente in circolazione, senza polemizzare sul modo in cui viene “creato”, sarebbe già più che sufficiente per tutti gli esseri umani di questo pianeta. Tuttavia circola solo tra il 35% della popolazione; “circola” è pure una parola grossa, in quanto gravita verso un buco nero abitato dall’1% dell’umanità, che per ora ne detiene solo (solo!) la metà dell’intera disponibilità. Questo accade perché l’esigenza di fare soldi per vivere dignitosamente, e anche agiatamente, non è normata; né l’uomo è capace di trovare da sé dei limiti. E’ dunque permesso che l’esigenza travalichi la necessità, e perfino l’agiatezza, trasformandosi in un'emorragia di questa preziosissima risorsa verso una ridottissima minoranza.

Immaginiamo questa risorsa come se fosse acqua in una mega cisterna, mentre tutti gli abitanti della terra vivono alle due estremità di un asse che ha fulcro tra il suo centro e il centro alla base della cisterna. Fin quando l’acqua scorrerà ugualmente verso i due estremi, quest’altalena rimarrà in equilibrio. Se però aumenta il flusso verso una sola delle estremità, questa inizierà ad abbassarsi richiamando a sé sempre più acqua per mero effetto della gravità; viceversa all’estremità opposta, che salirà alleggerita fino a ritrovarsi in secca sopra il livello d’acqua della cisterna.

Elementare, banale, come volete, ma spiega quella cosa semplicissima che molti si rifiutano di comprendere. Il denaro, nel sistema ad altalena in cui viviamo quotidianamente, funziona esattamente così: se ne arriva giusto un po’ di più verso una direzione, l’attrazione diventa magnetica e l’afflusso aumenterà esponenzialmente in maniera automatica con poca, o senza, fatica. E come l’acqua il denaro è una risorsa finita.

Se vi fosse equilibrio, per accumulare 10 volte il denaro che un operaio riesce a fare in un anno, si dovrebbe anche faticare 10 volte tanto, ma a quel punto nessuno riuscirebbe ad avere quel 10 volte tanto. Invece, l’aberrante meccanismo di attrazione magnetica del denaro - come nell’altalena dell’acqua - permette questa faccenda impossibile di poter fare anche 100, 1000, 10.000 e millanta volte tanto. Occorre solo “avviare il motore” del proprio business, poi questo non solo andrà da sé ma continuerà anche ad aumentare la sua velocità. E con poche eccezioni: sarà inarrestabile.

L’utilità pratica per l’umanità quale sarebbe?

Partiamo dal fatto che per riuscire nell’impresa di diventare ricchi non serve studiare, tanto meno una cultura eccelsa e un QI elevato. Scorrete i curricula dei più grandi magnati della terra e noterete che costoro si sono in gran parte avventurati con un relativo bagaglio d’ignoranza e/o analfabetismo. Solo dopo (e solo alcuni) si sono “acculturati” per darsi un tono. Una parte di loro, per fortuna, ha anche scoperto che la vita e il contributo umano non erano quello che stavano facendo, dando origine a gruppi e movimenti che oggi sollecitano (ancora troppo sottovoce) una maggiore tassazione verso loro stessi.

Per diventare ricchi serve solo una conoscenza molto settoriale, specifica per il business che si vuole intraprendere. In questo ristretto campo di studio, l’impegno pagherà senz’altro permettendo di avviare quel motore che poi andrà da solo, aumentando sempre più di giri. Il gioco è fatto.

E’ davvero assai semplice. E la domanda rimane: che utilità avrebbe per la specie umana e, più largamente, per l’ordine naturale delle cose? L’utilità sarebbe quella che osserviamo ogni giorno: miseria e povertà sono sempre lì, e aumentano; le guerre e i conflitti stagnano, se ne generano di nuovi, non accennano a diminuire; il progresso viene frenato.

Le prime due utilità, su povertà e conflitti, sono ovvie conseguenze che pare superfluo riprendere ancora. Mentre il contrasto al progresso potrebbe non essere immediatamente intuitivo. Diciamo che esistono una quantità di invenzioni e scoperte che rimangono ben chiuse nel cassetto; un cassetto senza lucchetto che tutti possono aprire ma che pochi, se non pochissimi, possono poi comprendere nel suo contenuto, oltre alla pletora di “esperti” pronti a ridurre la portate di ogni innovazione dormiente. Questo è sempre stato uno dei modi migliori per nascondere le cose: sbatterle in faccia ed essere pronti a sminuirle, o addirittura smentirle.

Un’affermazione del genere rischia tuttavia di trasbordare nel sacro dominio dei complottismi, altrimenti si deve aprire un filone narrativo specifico e parlarne estensivamente. Me ne rendo conto. Allora semplifichiamo e parliamo solo di innovazioni di cui si parla già molto e se ne sono anche saggiate le potenzialità, come l’intelligenza artificiale, la robotica, l’automazione. Grazie a queste potremmo ad esempio costruire, già oggi, strade, automobili e mezzi di trasporto, supersicuri, riducendo enormemente gli incidenti e le mortalità. Ma agli imprenditori non giova spendere di più per rendere un prodotto/servizio ipertecnologico e supersicuro per le masse, bensì hanno interesse a contenere il più possibile i costi o inquadrare un mercato che possa pagare l’eventuale di più (quindi non per le masse).

Allo stesso modo, non può esserci interesse nell’usare tecnologie robotiche nell’industria e nelle costruzioni se si può impiegare manodopera che costa meno (sfruttamento dei lavoratori). E peraltro è la stessa politica incapace che s’infogna spingendo l’occupazione in settori ormai automatizzabili, perché ritiene che vi sia un problema “magico” nel sostenere economicamente, ed eventualmente far riqualificare, il personale che non serve più. Problema che avrebbe molteplici e semplici risposte, tra cui il Reddito di Base Universale e Incondizionato.

La necessità di “far soldi” frena dunque ogni campo del progresso che implichi una maggiore spesa, e quindi un minor guadagno, da parte di chi non è vincolato in un limite, né obbligato a reinvestire parte degli utili in innovazione. Può, così, danneggiare allegramente l’umanità sottraendo a essa il denaro (risorsa limitata che si accumula insensatamente e non si riesce nemmeno a spendere) nonché limitando la possibilità di emanciparsi con le innovazioni tecnologiche in cui l’uomo stesso si impegna quotidianamente attraverso studi e ricerche.

Esiste anche un terzo aspetto che però è collaterale: la possibilità di inclinare illimitatamente l’altalena impedisce di riottenere quell’acqua ormai confluita verso taluni soggetti presso il buco nero. Quindi i “rockefeller“ sono anch’essi limitati, finiti, e non potrà esserci alcun ricambio. I nuovi ricchi non potranno ambire ad altrettanti volumi, ma a quell’acqua ancora disponibile dall’altra parte dei poveri cristi, finché, appunto, non l’avranno travasata tutta facendoli rimanere a secco.

Far soldi è dunque facile, ma solo se ci si sbriga (i posti iniziano a scarseggiare) e si ha intenzione di farne molti: senza scrupoli e danneggiando a più non posso l’umanità e la natura. Se si avesse la malsana idea di farne pochi, o il giusto per vivere comodamente, si sappia di collocarsi in una fascia molto pericolosa, precaria e nel rischio costante di poter perdere tutto in qualunque momento.

Prendete questa riflessione come preambolo all'imminente argomento di cui ci occuperemo nel filone tematico delle “riforme”.