Dopo l'attacco chimico a Douma, la guerra in Siria rischia di coinvolgere direttamente l'occidente
Sabato scorso a Douma, città nella parte orientale del Ghouta, l'esercito siriano sostenuto dalla Russia ha effettuato l'ennesimo bombardamento per avere ragione degli ultimi resistenti che combattono opponendosi al regime di Assad.
Le conseguenze di tale bombardamento hanno fatto ritenere, anche a osservatori esterni non implicati nel conflitto, che l'esercito siriano abbia fatto uso di armi chimiche. Siria e Russia hanno smentito ufficialmente.
Le Ong che operano sul campo a Douma, come la Syrian American Medical Society (SAMS), hanno rilasciato una dichiarazione congiunta affermando che 49 civili sono stati uccisi a causa di un possibile uso di armi chimiche. Un video ha mostrato i corpi di circa una dozzina, tra bambini, donne e uomini, morti a causa del bombardamento effettuato dalle forze siriane, alcuni di loro avevano della schiuma che usciva dalla bocca.
In attesa che il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite si riunisca e faccia conoscere le proprie decisioni su quanto accaduto, nella notte di lunedì, la base aerea siriana di Tayfur, nei pressi di Homs, è stata colpita da un attacco missilistico che ha provocato la morte di oltre 10 persone, tutti militari, di cui alcuni iraniani.
Secondo la tv di Stato siriana, sarebbero stati gli Stati Uniti ad aver effettuato l'attacco dopo che il presidente Donald Trump aveva dichiarato, commentando il bombardamento di Douma, che la Siria avrebbe pagato tale atto con un "grande prezzo".
La Russia, invece, ha accusato Israele, affermando che l'attacco sarebbe stato portato da arei israeliani che avrebbero lanciato i propri missili dal Libano, senza neppure entrare nello spazio aereo siriano.
Oltre a quelle di Trump, da registrare anche le parole del presidente francese Emmanuel Macron che già nello scorso febbraio aveva detto che la Francia avrebbe risposto in caso di un attacco chimico letale nei confronti dei civili da parte delle forze governative in Siria.
I due presidenti, quello francese e quello statunitense, hanno parlato tra loro per concordare una risposta comune, negando però qualsiasi responsabilità nell'attacco alla base di Tayfur.