Il massacro dei giornalisti, nel silenzio della democrazia
Un numero impressionante di cui non sempre si parla nel giusto modo. 50 è il numero dei giornalisti uccisi in questo anno nefasto. 50 uomini e donne che per testimoniare, donare voce, rendere visibile l’invisibile, hanno trovato la morte.
Destabilizza e al tempo stesso terrorizza, come nel 2020 si possa ancora morire per informare. Non si muore solo nei territori di guerra, ma anche in quei territori, denominati, di pace.
A rendere noto questo dato è il RsF, Reporter sans Frontiere, che si occupa di monitorare il cosiddetto stato di salute dei giornalisti nel mondo. Nel 2020 a perdere la vita 50 giornalisti, anche se, sempre secondo l’organizzazione, le segnalazioni sono minori a causa della pandemia che ha rubato la scena a tutto il resto.
Paradossalmente diminuiscono le uccisioni di giornalisti nei paesi in conflitto ed aumentano, invece, gli omicidi nei paesi pacifici.
Decapitazioni, corpi arsi vivi, omicidi cruenti, sono il destino finale di chi si occupa di giornalismo in determinate aree del mondo.
Esistono anche le prigionie a cui i giornalisti sono destinati. Ad oggi nel mondo ci sono ancora 387 giornalisti detenuti, nel 2020 è cresciuto anche il numero di giornaliste arrestate, + 35%. Nei primi quattro mesi dell’anno, il numero di giornalisti arrestato è cresciuto di quattro volte anche per la copertura sulla pandemia.
Ricordiamo che la figura del giornalista è il sigillo della garanzia assoluta di libertà e democrazia. Grazie al loro operato l’invisibile divine visibile. Un enorme grazie perché come sentinelle del mattino, loro, ci riportano la realtà fra mille difficoltà.