Esteri

Papa abbia coraggio sui preti sposati «… la Chiesa è rimasta indietro di 200 anni. Come mai non si scuote? Abbiamo paura? Paura invece di coraggio?»

Il Movimento Internazionale dei preti sposati rilancia le intuizioni del Card. Martini partendo da un articolo di settimananews.it di Don Giampaolo Ferri parroco e direttore dell’Ufficio comunicazioni sociali della diocesi di Mantova.

Non è facile essere preti oggi. Ancor più se parroci. Sì, perché il mondo, anche quello italiano, quello dei mille campanili, è profondamente cambiato, mentre la teologia del ministero ordinato no. Non è facile essere preti oggi in un mondo nel quale lo stesso celibato, forse anche a causa degli scandali noti a tutti, è considerato come un elemento di sospetto, se non da abolire il prima possibile. Non è facile essere preti oggi, ancor più se chiamati a vivere dentro un contesto nel quale, quando non vieni attaccato, sei al massimo tollerato come un elemento contestuale, un po’ “folcloristico”, ancora utile per quella fetta di italiani dai capelli bianchi ai quali, a dirla non troppo sottovoce, questi cambiamenti nella Chiesa non piacciono proprio. Oggi il ministero del parroco, al di là del momento dell’ingresso nelle nuove comunità, è chiamato a fare quotidianamente i conti con quel sentimento di frustrazione personale e degli altri che lo accompagna in ogni sua azione. Si ha la consapevolezza di una civiltà parrocchiale morta, e dentro questa situazione viene richiesto di far finta di niente, di minimizzare, di tenere in piedi ciò che in piedi più non sta. Qualsiasi prete, vecchio o giovane che sia, sente sulla sua pelle quel suo essere anacronistico, corpo estraneo dentro un mondo sempre più plurale e al quale la sua proposta non dice più nulla. O forse il modo con cui era abituato a farla. Tanti preti oggi sentono nel cuore il peso dei giovani che se ne vanno, delle persone che non vedono più nella Chiesa un posto in cui essere accolti e liberi, delle lamentele degli anziani che non trovano più le loro certezze religiose, legate a pratiche di un tempo definitivamente tramontato. E, mentre papa Francesco invoca una Chiesa dalle porte aperte, buona parte dell’organizzazione di cui è capo parla e agisce con ben altro linguaggio, specialmente verso coloro che queste porte se le sono trovate, e se le trovano ancora, ben sigillate. E chi, come qualsiasi prete – di centro o di periferia, di città come di campagna – si trova in prima linea in questo momento, avverte le proprie lacrime venire a galla come un fiume in piena, che non trova più nessun argine a contenerle. Chi scrive appartiene a un mondo in via di estinzione. O comunque in picchiata. Quello dei preti. Inutile mettere la testa sotto la sabbia. C’è un modo di vivere questa sequela del Signore Gesù che non è più attrattiva per nessuno, e forse – ma questo lo dirà la storia – Dio stesso ci sta anche mettendo del suo. A ben vedere, infatti, una tale accelerazione del cambiamento della nostra Chiesa, anche mantovana, non può essere solo opera dell’uomo. Sono profondamente convinto che sia in corso un “dimagrimento forzato” tremendamente doloroso, le cui radici non sono tutte sulla terra. Non è facile essere preti oggi. La fine della civiltà parrocchiale non significa però la fine della Chiesa, ma solo, come in diversi acutamente osservano, la fine di un certo modello di Chiesa. E forse seguirà anche la fine di un certo modello di prete e di parroco. Ne usciranno preti e parrocchie più adatti al mondo che verrà. Forse anche quello in cui i preti potranno sposarsi, ma soltanto a una certa età (citazione ben nota ai lettori). Nell’ultima intervista rilasciata dal card. Martini, pubblicata sul Corriere della Sera il giorno dopo la sua morte (1° settembre 2012), l’arcivescovo diceva che «… la Chiesa è rimasta indietro di 200 anni. Come mai non si scuote? Abbiamo paura? Paura invece di coraggio?». Chi scrive svolge con gioia sia il servizio di parroco che di docente di teologia, e confida con assoluta fiducia sia nel magistero che nella teologia. Stanno entrambi camminando. Con i loro tempi. Ma fate presto, per favore, perché noi qui ci siamo sotto!

Autore Informazione Libera
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