Se i cristiani celebrano l'Eucaristia fin dalle origini e in una forma che, sostanzialmente, non è cambiata attraverso la grande diversità dei tempi e delle liturgie, è perché ci sappiamo vincolati dal comando del Signore, dato la vigilia della sua passione: «Fate questo in memoria di me» (1 Cor 11,24-25).

A questo comando del Signore obbediamo celebrando il memoriale del suo sacrificio. Facendo questo, offriamo al Padre ciò che egli stesso ci ha dato: i doni della creazione, il pane e il vino, diventati, per la potenza dello Spirito Santo e per le parole di Cristo, il Corpo e il Sangue di Cristo: in questo modo Cristo è reso realmente e misteriosamente presente.

Dobbiamo dunque considerare l'Eucaristia

  • come azione di grazie e lode al Padre,
  • come memoriale del sacrificio di Cristo e del suo corpo,
  • come presenza di Cristo in virtù della potenza della sua parola e del suo Spirito.


Quello sopra riassunto è ciò che riporta il catechismo di cui Joseph Ratzinger, divenuto poi papa Benedetto XVI, ha curato l'ultima edizione, quella risalente al 1992.

Quindi, quando un cattolico riceve la comunione è convinto di aver aderito agli insegnamenti di Gesù riportati nel Vangelo. Tra questi insegnamenti vi è anche quello riportato nel Vangelo di Matteo (25, 35):

«Ero straniero e mi avete accolto»."L’esperienza e il messaggio di Gesù - come ricorda il teologo, frate servita, Alberto Maggi - verranno poi raccolti dagli altri autori del Nuovo Testamento, in particolare da Paolo, che in occasione di un naufragio, si stupirà per la “rara umanità” con cui lui e gli altri naufraghi sono stati ospitati dai barbari di Malta (At 28,2), e arriverà a capire una verità importante: “Qui non c’è più Greco o Giudeo, circoncisione o incirconcisione, barbaro o Scita, schiavo o libero, ma Cristo è tutto in tutti” (Col 3,11; Gal 3,28).La Chiesa ha compreso e annuncia che con Gesù non si possono innalzare barriere, ma solo abbattere tutti i muri che gli uomini hanno costruito (“Egli infatti è la nostra pace, colui che dei due ha fatto una cosa sola, abbattendo il muro di separazione che ci divideva…”, Ef 2,14), non solo i muri esteriori (mattoni), forse i più facili da demolire, ma quelli interiori (pregiudizi), mentali, teologici, morali, religiosi, i più difficili da estirpare perché li crediamo buoni o di provenienza divina".

Perché ricordare tutto questo? Perché al funerale di Benedetto XVI, Mattarella e Meloni, l'uno accanto all'altra, hanno fatto la comunione.

Sono gli stessi, presidente della Repubblica e presidente del Consiglio, che hanno inviato al Parlamento, per la sua approvazione, un disegno di legge che, per come è stato scritto, ha come finalità - statistica - quella di aumentare il numero di migranti che annegheranno durante le traversate nel Mediterraneo.

Da una parte costoro pretendono di definirsi cristiani e cattolici, dall'altra fanno l'esatto contrario di ciò che dice il Vangelo e il catechismo curato dal Papa che più di altri - a loro dire - li rappresenta.

È evidente, che qualche problemino lo hanno e, ancor di più, coloro che li prendono sul serio.

E per aggiungere paradosso al paradosso, perché non ricordare anche quanto l'allora prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, il cardinale Joseph Ratzinger, dichiarava in una lettera ai vescovi della Chiesa cattolica circa la recezione della comunione eucaristica?

«Il fedele che convive abitualmente «more uxorio» con una persona che non è la legittima moglie o il legittimo marito, non può accedere alla Comunione eucaristica». 

Ma Ratzinger, per gli estremisti di destra come la Meloni, non doveva essere il "loro" Papa? E, pertanto, perché adesso non si attengono a quello che lui diceva?