L'orditoio è un rullo che permette di preparare la struttura verticale della tela che poi costituirà la trama del tessuto, l'ordito.
Quel rullo, in una fabbrica tessile di Montemurlo, in provincia di Prato, ha straziato il corpo di Luana D'Orazio, deceduta martedì mattina in un incidente sul lavoro. Aveva 22 anni e una figlia di 5.
Come sempre in questi casi sarà la magistratura a determinare eventuali responsabilità relative all'accaduto... se il macchinario era a norma, se rispettava tutte le previsioni in tema di sicurezza, se la ragazza era stata addestrata e formata su quel macchinario, se le era stato fatto un corso per conoscere i rischi, se le erano stati forniti i dispositivi di protezione.
"Non è sfortuna, non è sventura - ha detto Barbara Orlandi, del Coordinamento Donne Cgil Toscana - e non è neanche solo colpa di tutti quei soggetti preposti a salvaguardare la salute e la sicurezza di chi lavora. Quanto accaduto riguarda la responsabilità collettiva di tollerare la superficialità e l'incuria, di non accanirsi abbastanza per il rispetto delle regole, degli orari di lavoro, dell'accurata manutenzione delle strumentazioni dei macchinari, sempre e comunque. Perché le tragedie accadono e allora, solo in queste circostanze, pensiamo a come avremmo potuto evitarle".
Da quando è stato introdotto il Jobs Act (un caso?) l'Inail ha registrato un aumento continuo degli incidenti e delle morti sui luoghi di lavoro, ma l'unico effettivo ruolo che gli è consentito svolgere è quello di ripagare le lesioni o le morti con un po' di denari e di fare sconti sui premi assicurativi alle aziende che si mettono in regola sulla tutela della sicurezza delle maestranze nei propri impianti (fonte USB).
Questo è il commento di Cgil, Cisl, Uil, Filctem e FemcaUiltec di Prato:
"È inconcepibile continuare a morire sul lavoro. Ancor più inaccettabile la morte di lavoratori giovanissimi, oggi di una giovanissima madre. I sindacati pratesi esprimono le loro condoglianze e i sentimenti più vivi di vicinanza ai familiari della vittima. La tragedia di stamani è, dall'inizio dell'anno, il secondo incidente mortale sul lavoro nella nostra provincia. Ed è il secondo che ha come vittime lavoratori giovanissimi. Se le cause della tragedia saranno all'esame dell'autorità competente, alla quale spetterà stabilirne circostanze e responsabilità, non possiamo non rilevare che ancor oggi si muore per le stesse ragioni e allo stesso modo di cinquant'anni fa: per lo schiacciamento in un macchinario, per la caduta da un tetto. Non sembra cambiato niente, nonostante lo sviluppo tecnologico dei macchinari e dei sistemi di sicurezza. Come se la tecnologia si arrestasse alle soglie di fabbriche e stanzoni. Dove si continua a morire e dove, troppo spesso, la sicurezza continua ad essere considerata solo un costo invece che una condizione imprescindibile. La morte di due ventenni nell'arco di tre mesi deve far riflettere sugli investimenti operati in termini di formazione e di acquisizione di competenze. Non è sufficiente constatare che i giovani sono i più colpiti dalla crisi provocata dalla pandemia, bisogna investire su di loro e offrire loro sbocchi occupazionali che non siano più precari o insicuri".