Ecco che cosa dirà il Pd a Mattarella
Questo sabato, al Nazareno, la Sinistra Dem sui è riunita per discutere su come ripartire dopo il risultato elettorale del 4 marzo. Ad "officiare" l'evento il solito Gianni Cuperlo che ha parlato ad una platea nutrita ci cui facevano parte anche nomi importanti del partito, come i ministri Andrea Orlando e Carlo Calenda, Luigi Zanda, Cesare Damiano e il segretario reggente Maurizio Martina.
Anche stavolta, le aspettative di coloro che avrebbero pensato di ascoltare parole chiare e decisive sui motivi della sconfitta del Pd alle ultime politiche sono andate deluse.
Per Gianni Cuperlo, «il problema non è Matteo Renzi. A lui ho espresso la mia solidarietà sul piano umano, ma con la stessa chiarezza dico che dobbiamo superare il renzismo, quel metodo. C’è una ragione nell’ostilità di troppi in questo simbolo e di chi lo ha incarnato per una stagione.
Banalizzando la portata dell’onda non ne usciremo - ha proseguito Cuperlo. - Denigrando chi ha penetrato quel muro di solitudine meglio di noi e scavando una trincea aspettando il fallimento di Di Maio e della destra noi non ne usciremo. Guardando al Lazio, a Milano... possiamo capire come tornare a vincere. Non si vince mai rompendo il proprio campo e queste realtà lo dimostrano.»
E questa dichiarazione si può dire che abbia chiuso l'argomento analisi della sconfitta. Più o meno con lo stesso metro è stato affrontato il dopo voto, in merito a cosa il Pd dovrà fare sul tema alleanze.
Luigi Zanda: «Per il Pd si apre una fase molto delicata politicamente. Noi abbiamo un ruolo di partito di opposizione che dobbiamo svolgere con molta serietà con proposte alternative.
Abbiamo poi un problema di lungo periodo che riguarda il rafforzamento del partito, un compito difficile perché richiede molta attenzione, riflessione e cultura politica.
Mi sembra che il dato emerso oggi e, che io condivido da tempo, è la necessità di ricostruire la comunità del centrosinistra, che significa un grande lavoro insieme e un’attenzione tra di noi, oltre a un elemento di cui c’è grande bisogno in generale in tutto l’Occidente: riprendiamo una vista lunga.»
Andrea Orlando: «Dobbiamo motivare il fatto che non è possibile produrre una alleanza politica con Lega e M5S perché sarebbe impossibile realizzare gli impegni presi con gli elettori così togliamo via l'aspetto che non facciamo alleanze perché ci hanno insultato, una cosa che va bene per l’asilo.
Il tema è spiegare agli italiani che la nostra proposta è incompatibile con la loro, non è una rappresaglia perché abbiamo perso le elezioni.»
Maurizio Martina: «Il 4 marzo ci ha consegnato all’opposizione ma guai all’Aventino. Non immagino che il Pd stia a guardare ma immagino una ricostruzione, un rilancio e una sfida sul cambiamento ma il 4 marzo ci ha consegnato la funzione di minoranza e da lì possiamo esercitare la nostra responsabilità e l’opera di cambiamento.»
Ma a questa indeterminatezza risponde il ministro dello Sviluppo Calenda, neo iscritto al partito, con il consueto "decisionismo": «Aventino? Penso che M5S e Lega abbiano una somiglianza di vedute e abbiano molti punti del programma in comune.
Se devono fare un governo, lo facciano. Normalmente quando uno vince le elezioni vuole andare a governare.
Penso che la linea di Martina, che poi è anche quella di Cuperlo, sia condivisibile.»
Ma Calenda dice anche qualcosa in più. Qualcosa che lascia intravedere quale possa essere la linea che il Pd illustrerà al Capo dello Stato durante la fase delle consultazioni: «Se poi ci fosse un appello del presidente della Repubblica a un governo insieme a tutti gli altri, allora sarebbe un altro paio di maniche.
Ma non è questa la fase, è presto per parlarne. Io penso che M5S e Pd non debbano stare insieme in un governo politico... se poi ci sarà un appello del presidente Mattarella a tutti, allora sarà un altro discorso.»
A questo punto è da capire che valore avrà per il Pd quel "tutti". È evidente che Forza Italia non avrà difficoltà a partecipare a quel governo, così come - probabilmente - Liberi e Uguali. Ma i numeri non basterebbero. Pertanto Lega e 5 Stelle sarebbero decisivi.
Escludendo i 5 Stelle che, a meno di clamorosi cambiamenti dell'ultim'ora si chiamerebbero fuori da un governo di unità nazionale, rimarrebbe la Lega che, almeno in passato, ha dimostrato sempre una buone dose di pragmatismo.
Sarà questa la strada per dare un governo all'Italia, senza dover ricorrere alle urne... almeno senza farlo nel giro di due o tre mesi?