Al di là di quelle che saranno le nuove decisioni che il Governo prenderà nelle prossime ore per contrastare il contagio da Covid-19 in Italia, due sono le considerazioni che si possono fare in relazione alla situazione che si è creata, in base a quanto finora è stato reso noto.


La prima considerazione riguarda l'Europa. Nella gestione dell'epidemia da Covid-19 non vi è stata una regia da parte di Bruxelles che indicasse agli Stati membri una modalità unica e coerente nell'affrontare il contagio. Così, in base a considerazioni proprie, i vari Paesi europei hanno messo in atto iniziative diverse, prima nei confronti della Cina e poi nei confronti degli altri Stati membri, alla luce dei dati sul numero dei contagiati e delle relazioni politiche e commerciali esistenti tra le nazioni. 

Così alcuni Paesi hanno fermato i voli dalla Cina, ma non i cinesi che dalla Cina arrivavano da altre località europee dopo avervi fatto scalo. Altri Paesi i voli non li hanno fermati, facendo però compilare dei questionari dove chi arrivava dalla Cina avrebbe dovuto dichiarare il proprio stato di salute, oppure veniva  invitato - senza controllare - a restarsene in isolamento per un paio di settimane. 

Adesso si è arrivati al punto che gli Stati membri si accusano tra loro, vicendevolmente, della diffusione del contagio da coronavirus in Europa, facendo controlli sanitari alle frontiere, evitando viaggi, spedizioni e quant'altro. 

Tutto a ulteriore dimostrazione che l'Unione europea è soltanto una scatola vuota che,  in concreto, è servita alle multinazionali di tutto il mondo per facilitare la propria attività di lobbying e di distribuzione dei loro prodotti e alla Germania per riuscire finalmente a mettere in pratica l'antica fissazione di egemonizzare il continente. Al di fuori dell'euro e delle sciocche regole che ne stanno alla base, l'Unione europea non esiste. Ed anche il coronavirus lo ha ampiamente dimostrato.


La seconda considerazione riguarda la Covid-19, il contagio da coronavirus e le misure messe in atto, almeno in Italia, per evitarne la diffusione. Che la Covid-19 sia come un'influenza, almeno in relazione a come si diffonde da persona a persona, è un dato su cui nessuno può obiettare. Pertanto, tutte le precauzioni indicate per limitare il contagio dell'epidemia (senza considerare quelle estreme relative alle zone rosse, alla chiusura dei teatri, allo stop delle manifestazioni, ecc.) sono assolutamente le stesse che si dovrebbero prendere per "non prendere" una normale influenza.

Stabilito questo, tutta la questione ruota intorno al fatto se la Covid-19 sia da considerarsi o meno un'influenza. Il mondo scientifico, almeno quello le cui opinioni vengono riprese sui media, afferma che questa epidemia non è da considerarsi come una normale epidemia influenzale, ma come una specie di evento epocale che si deve temere... ma comunque non troppo!

I messaggi in tal senso, a partire dalla scoperta dei primi focolai epidemici in Lombardia e Veneto, hanno reso più che confusa la percezione della malattia e la sua reale pericolosità da parte degli italiani che, giustamente, per non sbagliare hanno per lo più  deciso di limitare al massimo relazioni sociali e qualsiasi altra attività da svolgere fuori casa, se non necessaria. Quindi, progressivamente, la gente ha smesso di viaggiare, le città si stanno svuotando, gli acquisti sono rimandati a meno di quelli relativi a prodotti indispensabili e, a cascata, anche la produzione industriale crollerà per i prossimi mesi.

Che la Covid-19 non sia identica ad un'influenza lo possono affermare le persone che ne sono colpite in modo serio e, per tale motivo, sono state ricoverate in ospedale. Alcune di quelle, poi, finiscono anche in terapia intensiva ed hanno bisogno di cure che non possono essere le stesse che risultano sufficienti per una normale influenza. Inoltre, questo coronavirus uccide le persone. Quante? È questo il punto. 

Le persone decedute, in base agli ultimi dati, sono circa il 4% delle persone contagiate. Di per sé è una cifra allarmante, ma che potrebbe però essere una cifra che rientra nella normalità di una comunissima epidemia influenzale. Noi conosciamo solo il numero delle persone "ufficialmente" contagiate, cioè di quelle su cui è stato eseguito un test di positività che richiede personale specializzato e un contro esame di verifica. Tuttavia, non sappiamo il reale numero di quanti in Italia risultino contagiati dal virus della Covid-19 o non lo siano addirittura già stati in passato, persino da mesi, come alcuni epidemiologi non escludono (Maria Rita Gismondo, dell'ospedale Sacco di Milano). 

Per quanto riguarda il numero dei decessi da Covid-19, questo ha superato la soglia dei 200. Nel numero vengono però incluse persone che nella quasi totalità soffrivano di altre patologie, spesso più di una, e persino molto gravi, tanto che solo il 2% dei deceduti risultato positivo al coronavirus non era affetto da altre malattie. Si tratterebbe, in pratica, di una decina di persone!

Inoltre, se l'epidemia da Covid-19 è già diffusa in tutto il Paese, come sembra, allora la percentuale dei deceduti sarebbe ancor più risibile in rapporto ai contagiati, identificando così l'attuale epidemia alla stregua di una normale epidemia influenzale.

Pertanto, la domanda sorge spontanea: siamo certi che prospettare una situazione catastrofica, come finora è stato fatto da politici ed esperti, sia stata la soluzione migliore e, soprattutto, una scelta logica e sensata, visto che tutto ciò provocherà conseguenze disastrose per l'economia? 

In Italia il numero dei decessi per malattie infettive e parassitarie nel 2015 si avvicina a 16mila e adesso probabilmente sfiorerà i 20mila... ma nessuno ha pensato di fermare il Paese. E nessuno si preoccupa di porre rimedio all'inquinamento ambientale che ogni anno causa nel mondo circa 8 milioni di morti.

Quindi, perché così tanto clamore per la Covid-19?