Un anno fa, a pochi metri dalla spiaggia di Steccato di Cutro, morirono almeno 94 persone, tra cui 35 minori. Una tragedia che ancora ha molti lati oscuri che riguardano l'attuale governo in relazione a come gestì la segnalazione ricevuta da Frontex sulla Summer Love, l'imbarcazione poi affondata.

A bordo c'erano 180 persone che avevano preso il mare da Cesme, in Turchia, ma il loro viaggio iniziava da più lontano: Iran, Afghanistan, Pakistan, Siria. Meno di 80 sono stati i superstiti.

E dopo un anno, ancora non si è fatta luce sulla catena di comando italiana che ha gestito la segnalazione e sul perché delle scelte fatte a seguito di tale segnalazione, sapendo che sulla barca vi erano quasi certamente numerose persone a bordo e che sulla zona di mare verso cui si stava dirigendo erano state segnalate condizioni di maltempo.

Già un anno fa le opposizioni in Parlamento avevano richiesto tutte le informazioni e i documenti necessari a ricostruire nel dettaglio le circostanze del naufragio, per capire come si erano mosse le autorità italiane preposte e sulla base di quali direttive, perché non furono attivate le normali procedure di soccorso. Dopo un anno, nonostante l'indagine in corso, i tanti perché non hanno ancora trovato risposta.

Ciò che è oggettivo è il buco di quattro ore nelle comunicazioni di quella notte tra Guardia di Finanza e Guardia Costiera. Un silenzio che avrebbe potuto fare la differenza.

Ciò che è oggettivo è l'incapacità di questo governo di gestire il fenomeno migratorio senza un approccio ideologico, discriminatorio e basato sulla paura del diverso. Anche quando in ballo c'è la vita di esseri umani.

Lo dimostra anche ciò che fece il governo Meloni dopo quella tragedia.

Varò il "Decreto Cutro2 che smantella l'accoglienza diffusa, ostacola i soccorsi e criminalizza le Ong, rendendo sempre più difficoltosi i salvataggi in mare. Dietro la retorica della lotta al traffico di esseri umani, quel decreto ha gettato  le basi per un peggioramento di una situazione già molto grave.

Il testo non aggredisce infatti le reali cause dei viaggi che le persone sono costrette a intraprendere in mancanza di alternative sicure e regolari. Al contrario, restringe lo spazio di protezione e aumenta le vulnerabilità, smantellando l'istituto della protezione speciale, gettando in uno stato di irregolarità molte persone da tempo in Italia e prevedendo, tra le altre cose, nuove procedure di inammissibilità e l'aumento delle procedure accelerate di frontiera e della detenzione amministrativa. L'accordo stretto tra Italia e Albania si inserisce in questo solco.

In pratica, ha fatto tutto il contrario di ciò che servirebbe per salvare vite umane.