Trentatré ritratti di donna alla Galleria Castello 780 di Venezia.
Pisanello, Rogier Van der Weyden, Alessio Baldovinetti, Leonardo, Domenico Ghirlandaio, Raffaello, Tiziano, Lucas Cranach, Lorenzo Lotto, Agnolo Bronzino, Hans Holbein, Francois Clouet, Alonso Sanchez Coello e ancora Leonardo.
Ginevra d’Este, Francesca Galli, La Dama con l’ermellino, Giovanna Tornabuoni, La Muta, La Donna Velata, Violante, Flora... Anna di Cleves... Eleonora di Toledo, Bia de’ Medici, Elisabetta d’Austria, L’Infanta Catarina, Gioconda.
Alcune delle donne che Marco Agostinelli trae e ri-trae mettendo magistralmente in scena una narrazione visiva che rappresenta l’Umanesimo del Femminile. Il femminile nell’arte della Rinascenza che osserva e ci osserva. Uno sguardo che viene dal passato e ci illumina sulla lentezza con la quale si può guardare e quindi vivere. Uno sguardo lontano per uscire dalla cronaca del presente e diversa-mente vedere.
L’Occhio. Lo Svelamento. La Lentezza. Il Tempo. La Storia. Il Presente e il Futuro.
Agostinelli, da sempre immagato dall’immagine, trasforma l’oculare della macchina da presa in “occhio”, oculus, soglia, ampliamento dello sguardo, apertura verso la conoscenza. Un occhio che tocca e lentamente svela, anzi si prende il tempo di svelare e toccare. E’ quello di Marco uno sguardo tattile, quasi corporeo, carnale. Sfiora i dettagli: gli occhi, le iridi, le labbra, i capelli, le acconciature, i fermagli, le gioie, la tessitura delle sete, accarezza gli incarnati. Come un respiro sale e scende nel profondo. Sprofonda per risalire. L’Alto e il Basso. Respira il tempo. Stabilisce così con l’immagine un rapporto che diviene intimità, che si fa parentale appartenenza. Guardare ed essere guardati... il sottile voyerismo dell’artista e quello dell’osservatore si fondono in un gioco di ambigua complicità. L’immagine appartiene a chi guarda e chi guarda appartiene all’immagine.
La lentezza dello sguardo permette di scoprire le cose, di svelarle, di prendere nota, di annotare, di accordare ad-cordum, di portarle al cuore. Noi diventiamo l’immagine e ci osserviamo, ri-flettiamo. Riflettiamo sul nostro stare al mondo: guerre, fame, razzismo, disparità sociale, violenza sulle donne, offese alla natura, pandemie ... ma anche sul mysterium dell’arte e della bellezza.
L’enigmatico sguardo antico di queste donne ci osserva, ci pone domande ma, in egual modo, sembra indicare a noi tutti la via che porta alla bellezza interiore come cammino da compiere, come possibilità di scampo, di fuga in avanti.
Fare vivere in armonia il Bello con il Bene, accordare platonicamente Kalòs kai Agathòs sintonizzare Virtù e Bellezza è questa forse la via per la salvitudo dell’essere?
Annamaria Orsini