Sul caso di Emanuela Orlandi, la frase sconcertante di Don Vergari, ex rettore di Sant'Apollinare
Don Vergari è l'ex rettore della basilica di Sant'Apollinare, dove è stato sepolto Enrico De Pedis, detto Renatino, uno dei capi della banda della Magliana. A fianco, appartenente alla stessa struttura della basilica vi è la scuola di musica dove Emanuela Orlandi andava a prendere lezioni di flauto.
Dopo che la trasmissione di Rai 3 Chi l'ha Visto rese noto, in seguito ad una telefonata anonima, che Renatino De Pedis era seppellito a Sant'Apollinare e che questo fatto era legato alla vicenda di Emanuela Orlandi, la Procura di Roma iniziò ad indagare in questa direzione.
E tra gli indagati vi fu anche Don Vergari. Come spesso accade in questi casi il telefono del sacerdote venne messo sotto controllo. Concluse le indagini, prima dalla Procura e poi con sentenza definitiva anche dalla Cassazione, ieri Chi l'ha Visto ha reso note alcune intercettazioni telefoniche di Don Vergari, ricostruite tramite degli attori.
L'ex rettore parla spesso con la moglie di De Pedis che ogni volta lo rassicura e gli dà istruzioni su come deve comportarsi in relazione all'inchiesta e ai giornalisti che fanno domande.
Questo è un fatto piuttosto curioso, perché seguendo le conversazioni non si capisce quale siano i rapporti tra i due e perché il sacerdote si senta in dovere di dover seguire i consigli della donna che, oltretutto, a più riprese fa intendere di esser pure al corrente dell'andamento delle indagini e che queste si sarebbero concluse in un nulla di fatto.
Al di là di possibili millanterie, fa nascere dei dubbi il perché Don Vergari abbia costantemente e a più riprese necessità di essere rassicurato. Se uno non ha fatto nulla e non sa nulla di una vicenda perché dovrebbe esserne preoccupato? Ma ancor più incredibile è una telefonata, in cui l'ex rettore di Sant'Apollinare, oltre a prendersela con il fratello della Orlandi, reo di darsi troppo da fare per conoscere le sorti della sorella, si lascia sfuggire delle frasi che lasciano di stucco.
«Quello è un ciarlatano, sà! Quello scrive libri, fa dichiarazioni e tutto. Quando viene da me io gli dirò: Senti io non ho mai conosciuto tua sorella, non l'ho mai vista, non voglio sentir parlare... Io l'ho vista solo sui manifesti, basta arrivederci.
E tutti gli altri poveretti che sono morti, che sono spariti di qua e di là? Che devono fare? Mò solo perché questo fa fracasso a questa maniera devono da' ascolto alla verità? Tanto è talmente complicata.»
Cosa? «Mò solo perché questo fa fracasso a questa maniera devono da' ascolto alla verità? Tanto è talmente complicata.» Ma come, un indagato fa al telefono un'affermazione del genere e non gliene si chiede conto? E specialmente in relazione al contesto delle altre telefonate in cui viene rassicurato, confortato e istruito dalla moglie di un criminale!
Inoltre, bisogna ricordare che nel 2012 il capo della squadra mobile di Roma, Vittorio Rizzi, si occupa del caso in maniera seria e professionale. Durante le telefonate con Don Vergari, la moglie di De Pedis anticipa al sacerdote che il poliziotto è già stato fatto fuori ed effettivamente Rizzi in seguito sarà assegnato ad un altro incarico. L'inchiesta allora viene coordinata dal procuratore capo Giuseppe Pignatone che, negli ultimi mesi del 2015, decide di chiuderla definitivamente. Anche in questo caso, la moglie di De Pedis annuncia in anticipo l'esito dell'inchiesta a Don Vergari.
A gennaio 2016 la madre di Emanuela Orlandi fa ricorso in Cassazione che però, è notizia di pochi giorni fa, conferma la chiusura dell'inchiesta.
A sentire questi fatti si rimane allibiti. Ma come è possibile che la procura di Roma non abbia chiesto spiegazione a Don Vergari della sua preoccupazione riguardo l'inchiesta, dei suoi rapporti con la De Pedis e, soprattutto, di quella sua affermazione sulla verità del caso Orlandi? E come è possibile che la Cassazione abbia ritenuto normale che, durante un'inchiesta, queste domande non dovessero esser poste ad un indagato?
A questo punto l'intervento del ministero della Giustizia e dei "soliti" ispettori sarebbe indispensabile. Il comportamento della Procura di Roma, invece che dissolvere una parte dei dubbi, ne ha invece alimentati di ulteriori e ancor più inquietanti. È possibile far finta di nulla?