Quella che è nota agli storici del pensiero economico come rivoluzione marginalista si realizzò quasi 140 anni fa. Varie coincidenze hanno ovviamente suggerito che esistessero origini storiche in qualche modo comuni alla base della rivoluzione marginalista. Ma in cosa consiste la rivoluzione marginalista?

Semplicemente consiste nella comparsa di una nuova teoria del valore di scambio, ossia di una nuova spiegazione dei prezzi sulla base del valore di un bene in termini di un altro. Prima della rivoluzione marginalista, esattamente con la teoria dei classici (Adam Smith) il valore di scambio di un bene veniva ricondotto al costo di produzione espresso dal lavoro necessario a produrlo.

Con la rivoluzione marginalista, l’origine del valore di un bene viene rintracciata nella scarsità del bene medesimo ovvero nel fatto che il bene è “utile e disponibile in quantità limitata" (Leon Walras). Il passo teorico fu di individuare nell’utilità marginale lo strumento analitico in grado di misurare la scarsità e di farne con ciò stesso il fondamento del valore. Tralasciando l’economia Keynesiana e alcuni anni di storia oggi siamo di fronte (da qualche anno) alla rivoluzione digitale. La digitalizzazione è un processo avviato sin dai primi anni ’90 del secolo scorso con l’avvento di Internet a partire dagli Stati Uniti d’America, dal Canada e dai Paesi europei per poi estendersi rapidamente in molti altri. Le parole “Less expensive and more efficient” del presidente Clinton nel 1993 seppur rivolte alla pubblica amministrazione americana aprivano e segnavano definitivamente la strada della digitalizzazione.

Nell’economia globalizzata e nel paradigma della stabilità dei prezzi ci troviamo di fronte al principio opposto dell’economia marginalista, tanto da poter quasi a teorizzare un'equazione inversa alla marginalità: +dati = +denaro. Per dati si intende, oggi, qualsiasi valore codificabile in unità di misura conosciuta e misurabile.

Non è un caso, oggi, che le aziende che capitalizzano di più siano quelle in grado di reperire e monitorare dati diversi ottimizzandone la loro gestione.

L’uso delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, coniugato a modifiche organizzative all’acquisizione di nuove competenze hanno fatto sì che i dati diventassero i principali protagonisti dell’economia moderna. I dati sono un asset sempre più importante per ogni azienda, una fonte di informazioni e insight utili sia per il Finance che per le Operation. Al fine di migliorare i servizi e i processi e di rafforzare il sostegno al processo di decision making, è compito e responsabilità di ogni azienda saperli gestire e valorizzare in modo efficiente ed efficace al fine di supportare le attività quotidiane e la strategy execution aziendale. Oggi si va verso un approccio sempre di più data driven orientato da e ai dati e in grado di prendere decisioni basate su fatti oggettivi, e non su mere sensazioni.

Ma la complessità dei dati, financial e non financial, e la difficoltà di elaborazione di una sempre crescente quantità degli stessi, impone ad ogni azienda di ripensare l’architettura delle soluzioni e dei sistemi per ottimizzare l’utilizzo dei dati per monitorare e migliorare il processo di decision making.

Il semplice fatto di disporre di molti dati non significa necessariamente avere molte informazioni.


Written by DEEPCUBE