Il professor Vincenzo Musacchio, criminologo, associato al Rutgers Institute on Anti-Corruption Studies (RIACS) di Newark (USA), ricercatore indipendente e membro dell’Alta Scuola di Studi Strategici sulla Criminalità Organizzata del Royal United Services Institute di Londra non condivide la riforma dell’ordinamento penitenziario, come illustrata alla stampa dal ministro Nordio. “È necessario parlare di una riforma organica del sistema penale e non solo di carcere e di edilizia carceraria”.
Professore, Nordio ha dichiarato: “Edilizia priorità per modernizzare e umanizzare”. Lei ritiene che l’idea del ministro sia il necessario presupposto per una riforma seria?
Non credo. Non da ora sostengo che la riforma carceraria vada inserita in un più ampio progetto riformatore che comprenda il diritto e il processo penale. “Costruiamo più carceri, sbattiamoli in galera e buttiamo le chiavi”, non può essere la risoluzione di ogni problema.
Il tema carcere è comunque tornato al centro del dibattito politico. Che cosa ha provato nell’apprendere dei due recenti suicidi in carcere a Torino?
Tanta, tanta amarezza mista a rabbia. Non riesco ancora a capacitarmi di come sia stato possibile, anche se per il lavoro che faccio, conosco la situazione delle carceri italiane sempre più assimilabili a dei veri e propri gironi dell’Inferno di Dante.
Che cosa pensa invece della visita di Nordio nel carcere di Torino?
Ha purtroppo solo valore simbolico. Lo Stato in questi anni ha fatto poco o nulla per eliminare queste tragedie. Peccato che a non rendersi conto della reale gravità delle condizioni delle carceri italiane siano proprio l’amministrazione penitenziaria centrale e il Governo. Non si tratta purtroppo solo di gravissimi e isolati episodi, ma della preoccupante implosione di un apparato, che richiede, come ho detto prima, riforme di sistema.
I suicidi in carcere sono tanti, come gestire la situazione?
Premetto che non m’interessi dare pagelle politiche. Ogni suicidio è una storia a sé. Nel caso dei suicidi in carcere sicuramente gioca un ruolo decisivo la situazione di cui parlavo prima da “girone dantesco” delle carceri italiane. A oggi siamo a circa cinquanta suicidi in carcere dall’inizio del 2023. Un dato preoccupante che non può non farci riflettere.
Lei sarebbe d’accordo sul costruire più carceri contro il sovraffollamento?
Non per evitare il sovraffollamento ma per avere carceri più moderne. Credo invece che si debba cominciare da un uso meno automatico della carcerazione preventiva per iniziare a svuotare in parte le carceri e porre rimedio all’attuale intollerabile sovraffollamento carcerario. Siamo lo Stato membro dell’Unione europea (a parità di popolazione) con più persone in carcere senza processo: 19.565 (Fonte Istat 2018 ultimo dato utile). Su questi temi in Parlamento purtroppo non si discute più. L’ho ripetuto più volte, occorre agire sulla riduzione della custodia cautelare prima e durante il processo che, come sappiamo, riguarda oltre il cinquanta per cento delle persone detenute. Evitare il carcere per reati per i quali non sia necessario. Questa è la strada che dovrebbe essere battuta. La costruzione di nuove carceri non è la soluzione al problema. La riduzione dell’uso delle pene detentive e il ricorso a misure alternative possono rappresentare un inizio per la soluzione del problema. Voglio precisare che questo tipo di risoluzione non dovrebbe essere automaticamente applicata ai reati di grande allarme sociale quali corruzione, evasione fiscale, mafia e terrorismo.
Ci spiega meglio quest’ultimo concetto?
La riduzione dell’uso delle pene detentive e il ricorso a misure alternative sono un tipo d’intervento che condivido con opportune eccezioni. Se si parla di delitti con un basso livello di pericolosità sociale credo che tali benefici determinino una recidiva quasi irrilevante. Questo vuol dire che hanno un’efficacia rieducativa e di recupero. Non sono d’accordo per la loro automatica estensione quando si tratta di reati molto gravi come la corruzione, il crimine organizzato, il terrorismo, i reati ambientali. Chi voglia far passare anche questo secondo aspetto non mi trova d’accordo. Disincentivare le cause criminogene vuol dire cambiare vita e rinunciare al proprio passato criminale. Da quest’assunto parte a mio parere la vera rieducazione e risocializzazione.
Che cosa pensa dell’opportunità di concedere amnistia e indulto?
Sono contrario. Sono favorevole invece alla depenalizzazione di molti reati inutili, facendo in modo che si vada in galera di meno e solo quando ci sia una reale pericolosità sociale. Sono stato sempre contrario alla custodia cautelare in carcere e favorevole alle pene alternative e domiciliari in tutti i casi ove sia possibile. Occorrono nuove carceri, più dignitose e rieducative. I cittadini tuttavia devono sapere che lo Stato punirà solo chi va punito e non tutti indistintamente.